Quando si può richiedere l’assegno di mantenimento?
L’assegno di mantenimento versato in caso di separazione o divorzio a favore del coniuge più debole a livello economico, rappresenta una fattispecie molto complessa e con varie implicazioni non semplici da dipanare, come i requisiti necessari per ottenere il mantenimento stesso, oppure le circostanze che il giudice deve valutare per stabilire ad esempio il tenore di vita mantenuto durante il matrimonio dai coniugi, o ancora la presenza tra questi ultimi di eventuali disparità economiche dopo la separazione della coppia.
1. I requisiti per ottenere l’assegno di mantenimento
Il codice civile, all’articolo 156, prevede che “il coniuge cui non sia addebitabile la separazione” possa vantare “il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri. L’entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato”.
Il mantenimento si basa infatti sui diritti e doveri reciproci dei coniugi (art.143 del codice civile) secondo cui ciascuno di essi è tenuto “a contribuire ai bisogni della famiglia” in relazione al proprio reddito ed alle proprie sostanze.
Con l’assegno di mantenimento il coniuge economicamente più debole, dopo la separazione, può continuare a mantenere lo stesso tenore e stile di vita che aveva durante il matrimonio anche senza trovarsi in uno stato di bisogno, cioè una condizione tale da non essere in grado di provvedere ai propri bisogni più basilari. In quest’ultimo caso, il coniuge in difficoltà ha invece diritto al pagamento degli alimenti, tranne che in caso di divorzio, quando gli alimenti vengono sostituiti dall’assegno divorzile.
L’assegno divorzile è concettualmente simile a quello di mantenimento, ma per ottenerlo non basta essere stati la parte più debole della coppia a livello economico; bisogna dimostrare anche di trovarsi in una condizione di impossibilità oggettiva di procurarsi il reddito necessario per mantenere il precedente tenore di vita.
Tornando all’assegno di mantenimento, vi sono due condizioni descritte nel già citato art.156 del codice civile affinché esso venga effettivamente riconosciuto: in primo luogo chi lo richiede, cioè il beneficiario, non deve essere ritenuto il responsabile del fallimento del matrimonio, né possedere dei redditi propri. Se questi requisiti vengono soddisfatti, il giudice assegnerà il mantenimento seguendo a sua volta delle linee guida specifiche.
2. Le caratteristiche del mantenimento
In primo luogo, il giudice deve assicurarsi che entrambi i coniugi possano godere del medesimo tenore di vita, andando a trovare il giusto equilibrio tra le loro situazioni economiche. Deve perciò valutare non solo i redditi delle parti coinvolte dipendenti dal lavoro svolto, ma anche ogni altro tipo di bene e qualsiasi genere di utilità, ad esempio immobiliare, che può essere valutata in termini economici.
Il giudice deve poi valutare anche le eventuali spese che ciascun coniuge è costretto a sostenere dopo la separazione, ad esempio per quanto riguarda la presenza di un mutuo sulla casa (sia che si tratti della casa coniugale sia di una nuova casa dove un membro della coppia si è dovuto trasferire), oppure per ciò che riguarda eventuali spese mediche, o ancora nel caso vi sia la presenza di figli da mantenere.
L’elemento fondamentale è per l’appunto la ricerca del maggior equilibrio possibile, in modo che nessuna delle due parti coinvolte possa prevaricare l’altra dal punto di vista del tenore di vita.
L’ammontare finale dell’assegno di mantenimento deciso dal giudice potrà comunque essere modificato nel tempo, nel caso si possa dimostrare che le condizioni di reddito del beneficiario sono mutate.
3. Revoca dell’assegno
L’emissione dell’assegno di mantenimento può anche venire annullata al verificarsi condizioni specifiche. Una di queste, come accennato in precedenza, avviene quando il beneficiario viene ritenuto responsabile della separazione; un altro caso, invece, è quando chi ha diritto al mantenimento si risposa oppure se semplicemente convive con un’altra persona.
In questo senso la Cassazione (sentenza 6855/15, corte di Cassazione) ha chiarito che una famiglia di fatto è “espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole da parte del coniuge”, e che pertanto è una scelta “caratterizzata dalla assunzione piena di un rischio”.
Il coniuge tenuto a versare il mantenimento, qualora l’ex partner inizi una nuova convivenza, può dunque presentare al giudice le prove della convivenza stessa per chiedere la revoca dell’assegno.
In caso di morte del coniuge pagante, ovviamente, l’obbligo a versare l’assegno cessa, anche se il beneficiario può percepire una parte dell’eredità in proporzione alla somma percepita mensilmente, a seconda dell’ammontare dell’eredità e delle condizioni sia del beneficiario stesso, sia degli eredi.
Infine, possibilità certamente più gradita, il mantenimento cessa anche in caso di riconciliazione dei coniugi, con la successiva ricostituzione della comunione dei beni.
Fonti normative
Art.143 e 156 del codice civile.
Sentenza 6855/15, Corte di Cassazione
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