L'affidamento esclusivo del padre
Il giudice può negare l’affidamento della prole alla madre, quando compia condotte vessatorie o pregiudizievoli, nei loro confronti, che siano contrarie all’interesse dei minori ad una crescita sana ed equilibrata.
- L’affido esclusivo
- Quando può essere richiesto l'affidamento esclusivo del padre
- A) Ostacolo al diritto di visita del padre
- B) Alienazione parentale compiuta dalla madre
- C) Disinteresse verso il figlio collocato presso la madre
- D) Carenza o l’inidoneità educativa
- E) Maltrattamenti familiari
- F) Conversione religiosa del genitore
- Fonti normative
1. L’affido esclusivo
L'argomento che tratteremo oggi, riguarda il tema del diritto di famiglia, e più precisamente le ipotesi, in cui a seguito di separazione o divorzio, è possibile disporre, relativamente ai figli, l’affidamento esclusivo del padre.
L’affidamento esclusivo, è disciplinato dall’art. 337 quater del codice civile, secondo cui il giudice, può disporre l’affido della prole ad uno solo dei genitori, motivandone la scelta, nelle ipotesi, in cui ritenga l’affidamento all’altro genitore, lesivo alla crescita psico-fisica del figlio, in quanto contrario all’interesse superiore e prevalente del minore stesso.
L’affidamento esclusivo rappresenta, una deroga, alla regola generale dell’affidamento congiunto della prole ad entrambi i genitori, ispirato al principio della bigenitorialità, inteso come il diritto della prole a mantenere un rapporto effettivo ed equilibrato con entrambi i genitori, a cui è fatto obbligo di educare, istruire e assistere i figli.
La regola dell’affidamento condiviso dei figli, può essere derogata dall’autorità giudiziaria, preferendo, l’affido esclusivo, anche su istanza di una delle parti, nelle ipotesi in cui venga accertata l’inidoneità di uno dei genitori ad esercitare la propria responsabilità genitoriale sul figlio, in quanto pregiudizievole per il minore, giustificando quindi una limitazione del rapporto con il genitore escluso dall’affidamento.
Il giudice, deve, disporre l’affidamento, salvaguardando esclusivamente l’interesse morale e materiale della prole, e di conseguenza scegliere la soluzione più idonea a tutelare lo sviluppo psico-fisico dei figli minorenni, al fine di evitare situazioni di disagio oppure dannose al loro equilibrio.
La Corte di Cassazione, pronunciandosi in materia di affidamento dei figli minori, conferma l’orientamento, secondo cui il Giudice deve privilegiare “…quel genitore che appaia il più idoneo a ridurre al massimo i danni derivati dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore”.
A tal fine, i giudici di legittimità, hanno esposto il principio da porre alla base della scelta sull'affidamento del minore, secondo cui l’individuazione del genitore affidatario e/o collocatario deve avvenire in base ad “…un giudizio sulla capacità del padre o della madre di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione di genitore singolo”, basato su elementi concreti, quali “… la capacità di relazione affettiva, di attenzione, di comprensione, di educazione, di disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché sull’apprezzamento della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell’ambiente che è in grado di offrire al minore”. (Cassazione Civile, ordinanza n. 28244, 24 Settembre 2019).
Il provvedimento giudiziale di affido esclusivo, statuisce se è il genitore affidatario, ad esercitare in via esclusiva, la responsabilità genitoriale, salvo diversa disposizione del giudice, dovendo il genitore affidatario attenersi alle disposizioni dettare da quest’ultimo, che stabilisce anche se le decisioni più importanti, riguardanti la prole, siano adottate da entrambi i genitori ovvero soltanto dal coniuge affidatario in via esclusiva.
L’affidamento esclusivo ad uno solo dei genitori, non determina la perdita della responsabilità genitoriale, nei confronti dell’altro genitore, ma unicamente una limitazione temporanea, potendo quest’ultimo, in ogni momento, rivolgersi al giudice, al fine di ottenere la modifica o revoca del provvedimento assunto precedentemente.
Egli, inoltre conserva sempre il diritto-dovere a vigilare sull’educazione ed istruzione del figlio, potendo ricorrere dinanzi all’autorità giudiziaria, quando ritenga che le decisioni assunte dal genitore affidatario, in via esclusiva, siano contrarie all’interesse del minore.
2. Quando può essere richiesto l'affidamento esclusivo del padre
L’affido dei figli al solo padre, può essere richiesto, quando la madre abbia comportamenti tali da nuocere all’equilibrio e crescita del minore, ossia qualora tali comportamenti si pongano in contrasto, con le esigenze di assistenza, educazione, istruzione ed allo sviluppo psico-fisico dei figli, e pertanto risulti più idoneo negare l’affidamento materno.
Le cause ed i motivi che possono comportare, la scelta del giudice di togliere l’affidamento alla madre, preferendo l’affidamento esclusivo del padre, sono molteplici, tra cui, rientrano:
A) Ostacolo al diritto di visita del padre
Qualora la madre, presso cui il figlio minore, sia collocato in regime di affido condiviso, ponga in essere condotte pregiudizievoli per il minore medesimo, ostacolando i suoi incontri con il padre, i giudici possono disporre la modifica del regime di affidamento, tramutandolo da condiviso ad affido esclusivo al solo genitore paterno. Il
Tribunale di Paola, a seguito del ricorso del padre di modifica dell’affidamento, ha disposto l’affido esclusivo al padre, "quale unico rimedio necessario a preservare il minore dal rischio che le condotte impulsive, o addirittura aggressive, della madre possano ritorcersi in suo danno".
Ciò in quanto, la condotta materna, ha leso il diritto riconosciuto al minore, a mantenere, anche successivamente alla separazione o divorzio, rapporti stabili e continuativi, con entrambi i genitori. Infatti, laddove, il comportamento materno, non sia diretto a salvaguardare il rapporto padre-figlio, ma si inserisca in un quadro volto a pregiudicarne la stabilità e di conseguenza l’equilibrio psicologico del figlio minore, ciò manifesta l’inidoneità del genitore materno a prendersi cura del proprio figlio minore e quindi l’impossibilità dell’affido condiviso (Tribunale di Paola, Decreto 2 Dicembre 2019).
B) Alienazione parentale compiuta dalla madre nei confronti del figlio minore
Consistente nella situazione di abuso psicologico, commesso dal genitore nei confronti del figlio, al fine di mettere in cattiva luce l’altro genitore che non conviva con lui stabilmente, provocandone l'allontanamento sia morale che materiale, discriminandone la sua figura.
Il Tribunale di Brescia, ha disposto l’affido esclusivo al padre del figlio minore, a seguito delle reiterate violazioni compiute dal genitore materno, attraverso condotte denigratorie della figura paterna, nonché motivi pretestuosi per allontanare il figlio minore dal padre, con conseguente rifiuto ad avere rapporti continuativi con quest’ultimo.
Nell’ipotesi di alienazione parentale, si assiste, infatti, alla denigrazione e screditamento della figura del genitore non collocatario, al fine di minarne il rapporto col figlio e di conseguenza allontanarlo dal proprio genitore.
Il risultato di tali condotte, come nel caso di specie, è l’appoggio automatico alla madre nel conflitto genitoriale nonché la crescente indifferenza nei confronti del padre. Da tutto ciò, il Tribunale di Brescia, chiarisce che in materia di affidamento e collocamento dei figli minori, “occorre sempre accertare, se il genitore stia facendo l'interesse dei figlio nel tutelare l'altro genitore e rendere possibile il diritto alla bigenitorialità o se abbia creato l'alienazione parentale e il conseguente rifiuto dell'altro genitore”.
Al riguardo, il Tribunale di Brescia, richiama, il principio espresso dalla Corte di Cassazione, secondo cui, “tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l’altro genitore, a tutela del diritto del figlio alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e serena".
Nel caso in esame, la madre, si è dimostrata carente verso la figlia, assumendo condotte ed atteggiamenti volti esclusivamente a screditare la figura del padre, il quale si è invece dimostrato adeguato a svolgere il proprio ruolo ed a recuperare il rapporto con la propria figlia, e pertanto è idoneo ad avere l’affidamento esclusivo del minore (Tribunale di Brescia, sentenza 22 Marzo 2019, n. 815).
C) Disinteresse verso il figlio collocato presso la madre
La Cassazione, con una propria ordinanza, ha disposto l’affidamento esclusivo della prole minorenne, a favore del padre, a fronte del disinteresse mostrato dal genitore materno nei confronti della figlia, collocata presso la sua abitazione, dal momento che la madre, ricorrentemente, affidava la figlia ad estranei.
A ciò si aggiunge, il comportamento dannoso, posto in essere dalla madre, che nel caso di specie, induceva la figlia minore, a mentire, facendole infatti sostenere, che era la figlia stessa, a non volere vivere col proprio padre, assumendo a motivo del rifiuto, minacce inesistenti compiute dal padre nei suoi confronti.
Infatti, a seguito delle risultanze probatorie, è stato accertato, il positivo inserimento della minore nel contesto familiare del proprio padre e del loro sano e corretto rapporto padre-figlia, a differenza del rapporto con l’altro genitore (la madre), caratterizzato da innumerevoli pressioni e disinteresse alle esigenze psicologiche della minore stessa (Cassazione civile, Ordinanza 10 febbraio 2020 n. 3028).
D) Carenza o l’inidoneità educativa
Che si concretizza nelle situazioni di instabilità affettiva ovvero di totale anaffettività di uno dei genitori nei confronti del figlio, a causa di comportamenti del genitore, disinteressato alle esigenze del figlio, tali da pregiudicare il suo corretto sviluppo, come nel caso di assenza di incontri tra la madre e il figlio nel lungo periodo. (Cass. Civ., Sez. I, sent. 17 gennaio 2017, n. 977).
Ciò in quanto, tali condotte da parte della madre nei confronti del figlio, possono causare uno squilibrio psicologico nel minore, provocandogli un disagio esistenziale e sociale, inficiando quindi sul suo sereno sviluppo psico-fisico.
Lo stesso, accade nei casi in cui la madre instauri con il figlio, a causa delle sue condizioni psichiche, una relazione patologica con il figlio, tale da legittimare l’adozione del provvedimento di limitazione della potestà materna, a tutela del corretto equilibrio del figlio medesimo (Trib. Min. L’Aquila, 15 giugno 2007).
E) Maltrattamenti familiari
Consistenti in tutti quei comportamenti, posti in essere a scopo intimidatorio oppure vessatorio, che si concretizzano in ripetute minacce, violenze, ingiurie ed umiliazioni, dolosamente compiute al fine di denigrare il figlio che le subisce.
Tali condotte, sono idonee ad integrare sia il reato di maltrattamenti contro familiari, ex art. 572, c.p. nei confronti della madre, che sottopone il figlio continuamente ad una pluralità di condotte vessatorie (Cass. Pen., Sez. VI, sent. 10 dicembre 2010, n. 250), e sia l’affidamento esclusivo del padre, per i disturbi psicologici che la condotta materna provoca nel figlio (stress, mancanza di autostima, possibili atteggiamenti violenti del figlio in età adulta).
F) Conversione religiosa del genitore
Qualora sia attuata con modalità tali, da escludere un regolare processo di socializzazione, onde consentire alla prole, l’acquisizione dei principi, indispensabili per una crescita equilibrata, come nel caso in cui si disponga l’affidamento esclusivo del padre, in quanto la madre abbia abbracciato una nuova religione, che si presenti destabilizzante per il minore, prospettando un modello educativo che renda impossibile una corretta socializzazione (Trib. Prato, 13 Febbraio 2009).
3. Fonti normative
- Codice civile: articoli 337 ter, 337 quater.
- Cassazione Civile, Ordinanza n. 28244, 24 Settembre 2019
- Cassazione Civile, Ordinanza n. 3028, 10 Febbraio 2020
- Tribunale di Brescia, Sentenza 22 Marzo 2019, n. 815
- Tribunale di Paola, Decreto 2 Dicembre 2019
- Cassazione Civile: Sez. I, sentenza 17 gennaio 2017, n. 977
- Cassazione Penale: Sez. VI, sentenza 10 dicembre 2010, n. 250
- Tribunale Prato, 13 Febbraio 2009
- Tribunale per i Minorenni: L’Aquila, 15 giugno 2007
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Roberto Ruocco, Paola Testa