Cos’è il divorzio giudiziale dei coniugi: tempi e procedure
Il divorzio giudiziale è quell’istituto giuridico che permette ai due coniugi di sciogliere il matrimonio civile ed il matrimonio concordatario, ovverosia quello celebrato in Chiesa e trascritto nei registri dello stato civile, facendo cessare gli effetti giuridici dati dal matrimonio stesso.
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1. Brevi cenni introduttivi ed il procedimento per il divorzio giudiziale
Il divorzio giudiziale dei coniugi è una tipologia di scioglimento del matrimonio che prevede dei tempi variabili a seconda della conflittualità della coppia e delle prove che sono chieste dal Giudice. Nel caso in cui i due coniugi non siano d’accordo sul fatto di divorziare, per cui uno vuole separarsi e l’altro no, oppure, pur approvando entrambi la separazione non riescono a trovare un accordo in merito alle condizioni (ad esempio per l’assegno di mantenimento, per l’assegnazione della casa, l’affidamento dei figli, ecc.), l’unica strada percorribile risulta essere quella del divorzio giudiziale. Per cui, il coniuge interessato al divorzio deve presentare un ricorso al tribunale competente territorialmente, sottolineando le proprie richieste (gestione casa, figli, ecc.).
Quindi, l’altro coniuge viene chiamato a presentare le sue richieste e, se i due non saranno d’accordo, sarà il Tribunale con apposita sentenza a decidere per il divorzio ed a quali condizioni. Il Tribunale territorialmente competente è quello del luogo di residenza comune dei due coniugi o, se assente, quello di residenza della controparte chiamata.
L’atto di divorzio giudiziale è quel procedimento giuridico che permette ad un coniuge di richiedere il divorzio, anche se entrambi i coniugi non hanno trovato un accordo sulle condizioni riguardanti lo scioglimento del matrimonio. Parliamo, soprattutto, di controversie che si riferiscono ai rapporti patrimoniali ed all’affidamento dei figli. L’atto di divorzio giudiziale è previsto anche se l’altro coniuge si rifiuta di divorziare o fa perdere le proprie tracce.
Pertanto, quando moglie e marito sono separati ma:
- non trovano accordo sulle condizioni per divorziare (per esempio sulle questioni patrimoniali o relative ai figli);
- solo uno dei due vuole divorziare;
- uno dei due è irreperibile.
il coniuge che ha interesse a porre fine all’unione deve procedere con una causa dinanzi al Tribunale, che di solito è quello dell’ultima residenza comune dei coniugi. In questo caso si deve avere l’assistenza obbligatoria di un Avvocato e depositare un ricorso giudiziale.
Prima di analizzare il procedimento di divorzio giudiziale, è necessaria una piccola premessa normativa, ricordando che si parla di divorzio solamente a partire dalla Legge n. 898/1970, che ha introdotto il divorzio, quale strumento di scioglimento del matrimonio.
Prima della legge Fortuna – Baslini non erano, infatti, contemplate cause differenti di scioglimento del matrimonio che non fossero quelle legate alla morte di uno dei due coniugi. La conseguenza era quella di rendere il matrimonio un vincolo indissolubile sotto il profilo legale.
Invece, la legge sul divorzio introduce delle nuove fattispecie in cui è consentito il divorzio. Il caso prevalente è legato alla separazione legale dei coniugi che dura senza interruzioni da almeno 12 mesi se la separazione è giudiziale, o da almeno 6 mesi se la separazione è consensuale (prima del 2015 i termini erano pari a 3 anni).
Chiarito ciò, evidenziamo che il procedimento di divorzio può essere contenzioso ovvero a domanda congiunta. Una volta pronunciato ha una lunga serie di effetti sul piano civile, patrimoniale, successorio, sull’affidamento dei figli, e non solo.
Nella maggior parte dei casi si deve dare inizio alla procedura di divorzio giudiziale dei coniugi, quando la coppia non raggiunge in autonomia, o meglio con l’aiuto dei propri avvocati, un punto d’incontro sulle questioni essenziali che entrano in gioco alla fine di un matrimonio, quali, gli aspetti patrimoniali, come la determinazione dell’assegno di mantenimento e la divisione delle proprietà ma, anche, l’affidamento e la collocazione dei figli o l’assegnazione della casa familiare.
Per cui, nell’ipotesi in cui marito e moglie non riescano a trovare un accordo sulle condizioni di divorzio, o nell’ipotesi in cui una delle due parti non intenda concedere il divorzio all’altra, il coniuge interessato può domandare l’intervento del Tribunale al fine di ottenere lo scioglimento del matrimonio mediante un procedimento di divorzio giudiziale.
In tali ipotesi, il coniuge che vuole porre fine al proprio matrimonio anche in presenza di una mancata intesa con la propria moglie o con il proprio marito, dovrà presentare domanda al giudice del Tribunale, citando il coniuge opponente e rimettendo così al giudice la decisione sulle proprie domande proposte.
Anche in questo caso è la Legge 898/1970, all’art. 4, a chiarire come può essere inoltrata la domanda per ottenere lo scioglimento o la cessazione del matrimonio, stabilendo che tale domanda si deve proporre al tribunale del luogo dell’ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio.
È possibile procedere lungo la strada del divorzio giudiziale anche nel caso in cui i coniugi si siano separati consensualmente. È il caso, tipico, di coloro che incontrano dei problemi insorti sul rispetto degli accordi fra i coniugi riguardano i termini stessi del divorzio, ma non solo.
Contrariamente a quanto si possa pensare, non è certo che il procedimento di divorzio giudiziale debba, necessariamente, protrarsi “per le lunghe”. In alcuni casi, infatti, la causa si chiude già alla prima udienza, a patto che il coniuge aderisca alle richieste avanzate dalla parte. Tuttavia, tale situazione è rara, in quanto è altamente probabile che il coniuge, che non ha trovato un accordo con il proprio partner prima della citazione in Tribunale, non torni sui propri passi alla prima udienza, con la conseguenza di una relativa opposizione e di trascinamento della causa attraverso le diverse fasi del giudizio civile.
Per tali motivi, alla prima udienza, il presidente del Tribunale tenterà una conciliazione tra le parti. L’intento, quindi, sarà quello di accertare che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non possa essere mantenuta o ricostituita. Successivamente, il presidente emanerà un’ordinanza contenente i provvedimenti temporanei ed urgenti necessari per poter regolamentare gli aspetti patrimoniali, e che interessano i figli nella pendenza del procedimento. Il presidente del Tribunale nominerà poi un giudice istruttore, fissando la data dell’udienza dinanzi a quest’ultimo. Il procedimento proseguirà quindi come un processo ordinario, con fissazione di altre udienze.
2. I tempi del divorzio giudiziale
Alla luce di quanto scritto supra, risulta evidente che i tempi del divorzio giudiziale siano considerabili più lunghi rispetto a quelli del divorzio consensuale o congiunto, che, normalmente, si conclude nell’arco di pochi mesi dal deposito del ricorso introduttivo. Pertanto, non è possibile stimare con precisione la durata del divorzio giudiziale, considerando che la progressione temporale dipenderà dal livello di “conflittualità” dei coniugi e dalla mole di lavoro del Tribunale. Il divorzio giudiziale è a tutti gli effetti una vera e propria causa civile e, di conseguenza, la sua durata potrebbe superare 1 anno, 2 anni o anche più.
Il divorzio cd. “breve” è un istituto giuridico, introdotto con la Legge 55 del 2015 approvata in Parlamento il 22 aprile 2015, che permette di ottenere lo scioglimento del matrimonio civile o di quello concordatario dopo che siano trascorsi 6 mesi dalla dichiarazione di separazione consensuale oppure un anno da quello giudiziale. A seguito dell’introduzione della legge sul divorzio breve, occorre aspettare solo sei mesi, se due coniugi si sono separati in modo consensuale, e un anno, se invece si sono separati senza un accordo. Questo significa che sia l’atto di divorzio giudiziale, sia l’atto di divorzio congiunto, si potranno richiedere in breve tempo.
Nonostante ciò, il problema continuerebbe a sussistere, se si procedesse con la richiesta del divorzio giudiziale. Infatti, quest’ultimo si svolge in Tribunale e la mancanza di accordo tra le parti, di conseguenza, comporterebbe un allungamento dei tempi, non facilmente prevedibile. Inoltre, i tempi possono essere aumentati dalla complessità del caso. Di solito, la parte che richiede più tempo è quella della fase istruttoria, ossia quella che consente al giudice di entrare in possesso di tutti gli elementi per giungere a una decisione equa.
I tempi di attesa quindi dipendono da una serie di variabili che variano caso per caso. Detto ciò, non è possibile stabilire quanto ci vuole in media per ottenere il divorzio, in quanto, in caso di disaccordo dopo un primo tentativo di conciliazione la causa procede come un processo ordinario.
3. Gli effetti del divorzio giudiziale
Una volta che il procedimento di divorzio giudiziale si considera concluso, il tribunale pronuncia con sentenza lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio ed ordina all’ufficiale dello stato civile del luogo ove venne trascritto il matrimonio di procedere alla annotazione della sentenza. Ulteriori effetti possono essere:
- la perdita del cognome da parte della donna, che aveva aggiunto al proprio a seguito del matrimonio, ma in alcuni casi il tribunale può autorizzare la donna, che ne faccia richiesta a conservare il cognome del marito aggiunto al proprio, quando sussista un interesse suo o dei figli meritevole di tutela;
- il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno, nei casi in cui quest’ultimo non sia in possesso dei mezzi adeguati o, comunque, non può procurarseli per ragioni oggettive; la sentenza deve stabilire anche un criterio di adeguamento automatico dell’assegno, almeno con riferimento agli indici di svalutazione monetaria. Il tribunale può, in caso di palese iniquità, escludere la previsione con motivata decisione. Inoltre, tale obbligo di corresponsione dell’assegno cessa se il coniuge, al quale deve essere corrisposto, passa a nuove nozze.
In conclusione, l’atto di divorzio giudiziale rappresenta l’unica via da seguire quando vi è l’impossibilità, da parte dei coniugi, di trovare un accordo.
Luca Terrinoni
Fonti normative:
Legge n. 898/1970
Legge n. 55/2015
Codice Civile: art. 151 comma 2
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