Convivenza o matrimonio? Qual è la scelta migliore?
Il matrimonio, rispetto alla convivenza, garantisce maggiori tutele per i coniugi, per contro la convivenza, non creando un vincolo legale, non richiede alcun passaggio dinanzi al giudice, per porre termine al rapporto col partner. Vediamo i dettagli.
1. Sposarsi o convivere?
L’argomento che tratteremo oggi, riguarda il tema del diritto di famiglia, e più precisamente quali sono i vantaggi e gli svantaggi, nella scelta tra matrimonio o convivenza.
Nella realtà odierna, la scelta tra sposarsi e convivere, è influenzata da diversi fattori, tra cui i motivi economici, essendo il matrimonio più dispendioso rispetto alla convivenza, sopratutto se il rapporto s’interrompe ed occorre rivolgersi al giudice per separarsi.
La convivenza, invece rispetto al matrimonio, garantisce una maggior libertà tra i partner, non sussistendo un vincolo giuridico tra i conviventi. Per individuare i pro e contro, tra matrimonio e convivenza, è importante dapprima analizzare la differenza tra unione civile, matrimonio e convivenza di fatto:
- il matrimonio, rappresenta la volontà dei coniugi, d’instaurare tra loro una comunione materiale e spirituale, adempiendo agli obblighi di fedeltà, assistenza all’altro coniuge e coabitazione, che sorgono per effetto del matrimonio medesimo;
- l’ unione civile , costituisce l’unione tra due soggetti maggiorenni dello stesso sesso, tenuti all’obbligo di assistenza e coabitazione, ed a contribuire in base alle proprie capacità economiche ai bisogni comuni, che si instaura con dichiarazione dinanzi all’ufficiale di stato civile del comune di residenza, alla presenza di due testimoni;
- la convivenza di fatto , deriva dalla stabile convivenza di due soggetti maggiorenni, nella stessa dimora, legati da un rapporto di coppia e volti all’assistenza morale e materiale, costituita attraverso la dichiarazione anagrafica resa al comune di residenza.
1.1 Perché sposarsi? I pro e i contro di matrimonio e convivenza
Dal punto di vista giuridico, i pro e contro nella scelta tra sposarsi o convivere, sono rappresentanti dalle maggiori tutele che il matrimonio garantisce ai due coniugi, rispetto ai diritti riconosciuti alle coppie conviventi.
Difatti, la Lg. Cirinnà, che ha introdotto nel nostro ordinamento, le convivenze di fatto, ha garantito ai conviventi, solo alcuni diritti già riconosciuti alle coppie unite in matrimonio.
I vantaggi del matrimonio rispetto alla convivenza, riguardano:
- il diritto al mantenimento, riconosciuto in caso di separazione, a favore del coniuge economicamente più debole, che non abbia la capacità reddituale per sostenersi autonomamente. Nel convivenza di fatto, non è riconosciuto il diritto al mantenimento, ma esclusivamente la possibilità di chiedere l’assegno alimentare, in misura proporzionale alla durata della convivenza, qualora si versi in stato di bisogno, tale da non poter provvedere ai bisogni quotidiani;
- i diritti ereditari: nel matrimonio, in caso di morte di uno dei coniugi, l’altro è riconosciuto erede legittimo, e quindi anche in assenza di testamento del defunto, ha diritto a ricevere la quota dell’eredità indicata dalla legge. Nella convivenza, il convivente superstite, non può vantare diritti successori per legge, ma esclusivamente, la possibilità che il convivente defunto, abbia redatto testamento, riservandoli una parte del proprio patrimonio, nei limiti della quota disponibile.
- il diritto di abitazione: in caso di decesso del coniuge, l’altro ha diritto di abitazione perpetuo sull’immobile, costituente la casa familiare. Nei rapporti tra conviventi, invece tale diritto è solo parziale. Infatti al convivente superstite è riconosciuto il diritto di abitazione, per un periodo massimo di cinque anni.
- I trattamenti retributivi e previdenziali: al coniuge, è riconosciuto, in caso di divorzio, una quota del Trattamento di Fine Rapporto, spettante all’ex coniuge, nonché la pensione di reversibilità , in caso di decesso del coniuge. Tali diritti, invece non sono riconosciuti, nelle convivenze di fatto.
- Il regime della comunione dei beni: si applica automaticamente alle coppie sposate, salvo diversa convenzione matrimoniale, per cui i beni pervenuti successivamente al matrimonio, divengono di proprietà comune. Nella convivenza di fatto, invece la comunione dei beni , non è automatica, ma è rimessa alla volontà dei due conviventi, i quali possono attraverso un contratto di convivenza , regolare il regime dei rapporti patrimoniali tra loro intercorrenti; in caso contrario, i beni acquistati, rimangono di proprietà esclusiva di ogni convivente.
Gli svantaggi del matrimonio, rispetto alla convivenza, sono rappresentati dai tempi e dai costi, da sostenere per porre fine al vincolo coniugale.
Difatti, la separazione tra i coniugi , può avvenire giudizialmente, con ricorso al tribunale attraverso, l’assistenza obbligatoria di un avvocato. In alternativa, è possibile ricorrere a procedimenti stragiudiziali, quali la negoziazione assistita o rendendo, in assenza di figli, dichiarazioni dinanzi all’ufficiale di stato civile del comune di residenza.
In questi casi, i tempi variano, a seconda delle circostanze e del procedimento avviato, da sei mesi fino ad tre-quattro anni, ed il costo delle spese legali e della parcella dell’avvocato, si attestano mediamente intorno ai 10.000€.
La convivenza di fatto, invece, non richiede l’instaurazione di un procedimento giudiziario, né il ricorso ad un avvocato. In tal caso, infatti, ai conviventi basta modificare la loro residenza, facendo venir meno, la dichiarazione anagrafica, resa all’atto della costituzione della convivenza di fatto.
2. Quali sono i diritti di una madre non sposata?
In relazione alle separazioni delle coppie di fatto con figli, occorre precisare, che l’ordinamento, ha eliminato qualsiasi differenza di status giuridico tra figli nati in costanza di matrimonio e figli nati da coppie conviventi. Da ciò deriva che i diritti ed obblighi dei genitori, nei confronti dei loro figli, sono i medesimi sia in caso di matrimonio che nel caso delle convivenze di fatto.
Pertanto, la madre non sposata, ha diritto ad ottenere l’assegno di mantenimento per il proprio figlio minore, da parte dell’ex convivente. Inoltre, sono riconosciuti il diritto all’affidamento ed il diritto di visita al minore.
Al riguardo, la regola generale, è quella dell’affido condiviso, tuttavia il genitore può avanzare l’istanza per l’ affidamento esclusivo , qualora l’affido comune sia pregiudizievole all’interesse superiore e prevalente del minore.
Nell’ipotesi di affido condiviso, con collocamento presso il padre, la madre ha diritto di visita al figlio minore, secondo le modalità concordate con l’ex convivente oppure in mancanza, secondo le statuizione dettate dal Tribunale.
3. Fonti normative
Codice civile: articoli 150, 151, 177, 210, 337ter, 337quater, 540, 565, 587.
Codice di procedura civile: articoli 706 – 711.
Legge 20 maggio 2016, n. 76: Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze.
Legge 1 dicembre 1970, n. 898: Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio.
Legge 10 dicembre 2012, n. 219: Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali.
Roberto Ruocco
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