Quando è possibile licenziare un dipendente per malattia?
Ogni lavoratore ha il sacrosanto diritto di assentarsi dal lavoro per malattia e di conservare il suo posto di lavoro per tutta la durata della malattia.
Spesso, però, sentiamo di lavoratori licenziati solo perché malati. Se, in linea generale, è precluso al datore di lavoro procedere al licenziamento del lavoratore malato, vi sono, tuttavia, alcune eccezioni, che sono:
- Superamento del periodo di comporto
- Licenziamento per giusta causa
Nelle suddette ipotesi, il datore di lavoro che intimerà il licenziamento non andrà incontro alle conseguenze sfavorevoli, tipiche del licenziamento senza giusta causa, quali la reintegrazione nel posto di lavoro e il risarcimento dei danni.
Beninteso, sarà bene avvalersi di una consulenza legale, rivolgendosi anche ad avvocati online esperti di diritto del lavoro, i quali sapranno certamente consigliare i provvedimenti più opportuni da adottare.
Vediamo ora com’è regolata la malattia e quando si verificano concretamente le suddette ipotesi.
1. Diritto ad assentarsi per malattia
Ciascun dipendente ha il diritto ad assentarsi dal lavoro per motivi di salute e ad essere ugualmente retribuito.
La retribuzione è corrisposta dal datore di lavoro nei primi 3 giorni, mentre dal 4° giorno in poi è corrisposta dall’INPS ed essa sarà così ripartita:
- Fino al 4° giorno di malattia: 100% della paga media giornaliera
- Dal 4° al 20° giorno di malattia: 50% della paga media giornaliera
- Dal 21° al 180° giorno: 66,66% di paga media giornaliera
Riguardo ai dipendenti pubblici il discorso è parzialmente diverso. Essi, infatti, percepiscono un’indennità pari all’80% della paga media giornaliera per l’intera durata della malattia.
Il lavoratore, che lamenta l’impossibilità di lavorare per motivi di salute, deve recarsi nel più breve tempo possibile (e comunque entro 48 ore) dal proprio medico di famiglia e avvertire il suo datore di lavoro dei motivi della sua assenza. Una volta accertata la patologia corredata dalla diagnosi e dalla prognosi, il medico di famiglia dovrà fare denuncia (cioè dichiarare) all’INPS la malattia del lavoratore ( denuncia all’INPS). A seguito di questa comunicazione, il lavoratore viene di regola sottoposto alla visita del medico fiscale.
Stando così le cose, è nell’interesse sia del datore di lavoro sia dell’INPS accertarsi della veridicità della malattia lamentata dal lavoratore, accertandosi della situazione di fatto sottoponendo il lavoratore alla visita del medico fiscale, visita che viene eseguita presso il suo domicilio in determinate fasce orarie, che più nello specifico sono:
- Dipendenti privati: dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 17.00 alle 19.00
- Dipendenti pubblici: dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 18.00
E se il lavoratore non dovesse essere a casa?
Se il lavoratore non fosse rintracciabile presso il suo domicilio negli orari sopra citati, a dispetto di quanto si potrebbe credere, il lavoratore non potrà essere licenziato. Invero, il lavoratore ha la possibilità di giustificare l’assenza e, solo qualora si renda irreperibile in maniera ingiustificata per la terza volta consecutiva, sarà soggetto a sanzioni pesanti che possono portare alla perdita dell’indennità.
1.1 Denuncia all’Inps
Il lavoratore, che lamenta l’impossibilità di lavorare per motivi di salute, deve recarsi nel più breve tempo possibile (e comunque entro 48 ore) dal proprio medico di famiglia e avvertire il suo datore di lavoro. Una volta accertata la patologia con relativa diagnosi e prognosi, il medico di famiglia dovrà fare denuncia (cioè dichiarare) all’Inps la malattia del lavoratore. A seguito di questa comunicazione, il lavoratore viene di regola sottoposto alla visita fiscale.
2. Superamento del periodo di comporto
Il datore di lavoro può procedere al licenziamento del lavoratore dipendente nel caso in cui venga superato il periodo di comporto; con questo termine si intende il diritto del lavoratore di conservare il posto di lavoro anche durante i periodi di malattia. Nonostante questo diritto il termine di comporto ha una scadenza, oltre la quale il licenziamento del lavoratore risulterebbe legittimo, si tratterà per l’appunto della fattispecie denominata licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
Il Codice Civile stabilisce che il lavoratore può assentarsi per un periodo massimo di tempo, il cd. periodo di comporto, la cui durata è stabilita dalla legge, dai contratti collettivi nazionali del settore o dal singolo contratto di lavoro (art. 2110 c.c.).
Questo periodo può essere calcolato avendo riguardo:
- Anno di calendario: il lasso temporale va dall’1 gennaio al 31 dicembre dell’anno interessato
- Anno solare: il lasso temporale va dall’inizio della malattia per una durata di 365 giorni
Come abbiamo appena detto, il periodo di comporto è stabilito dalla legge o dai contratti. Ad esempio, il periodo di comporto per gli impiegati è così previsto:
- 3 mesi: riguarda tutti i lavoratori che siano impiegati da meno di 10 anni
- 6 mesi: riguarda tutti i lavoratori che siano impiegati da più di 10 anni
Se però il Contratto collettivo nazionale di categoria prevedesse un trattamento differente più favorevole al lavoratore, stabilendo dunque un periodo di comporto maggiore, sulla base del principio del favor, il quale stabilisce che al fine di riequilibrare situazioni di disuguaglianza e di sbilanciamento di interessi, venga accordata una tutela preferenziale al lavoratore, quale soggetto debole, si applicherà il periodo di comporto più favorevole al lavoratore.
Al contrario di ciò che avviene per i lavoratori dipendenti, per gli operai il periodo di comporto è stabilito esclusivamente dal Contratto collettivo nazionale di categoria.
Qualora il lavoratore non tornasse a lavoro dopo il decorso del comporto, il datore di lavoro potrebbe procedere al licenziamento per malattia, purché la malattia non sia stata cagionata da un infortunio sul lavoro.
3. Licenziamento per malattia
Il datore di lavoro può licenziare legittimamente il dipendente che si trovi in malattia solamente nei casi di grave pregiudizio per l’azienda.
Pensiamo, ad esempio, a tutti quei casi in cui l’azienda occupi pochissimi dipendenti (5-6 lavoratori) e l’assenza protratta di uno di loro comporti un grave danno alla produzione aziendale. In tale caso, quest’ultimo può legittimamente procedere al licenziamento per malattia per porre rimedio al pregiudizio.
Nella suddetta ipotesi il licenziamento per malattia è giustificato dallo scarso rendimento del lavoratore malato che configura una violazione dell’obbligo di leale collaborazione posto a base del rapporto di lavoro.
Un’altra ipotesi abbastanza ricorrente è la finta malattia, considerato che tantissimi lavoratori abusano del loro diritto ad assentarsi per malattia. Pensiamo, infatti, a tutti quei dipendenti che si fingono malati per farsi un paio di giorni di vacanza al mare.
E allora che dovrà fare il datore di lavoro?
Il datore di lavoro in questo caso potrà procedere al licenziamento legittimo per giusta causa, purché riesca a dimostrare a dimostrare la finta malattia del lavoratore. Ciò che conta, infatti, non è quanto è scritto nel certificato medico bensì l’effettività della malattia.
La finta malattia, dunque, può essere definita come giusta causa, cioè come l’evento che rende impossibile la prosecuzione, anche temporanea, del rapporto di lavoro (art. 2119 c.c.). Sono, infatti, giusta causa le gravi inadempienze contrattuali e tutti quei fatti e comportamenti che fanno venir meno la fiducia su cui si basa il rapporto di lavoro. D’altronde, il lavoratore, fingendosi malato e impegnando il suo tempo altrove, viola i suoi doveri contrattuali, compromettendo irrimediabilmente il rapporto. Un siffatto comportamento, infatti, denota mala fede e slealtà nei confronti del datore del lavoro, determinando una sfiducia totale che rende impossibile proseguire, anche provvisoriamente, il rapporto di lavoro.
Il licenziamento dovrà essere comunicato per iscritto, individuando l’ultimo giorno di lavoro, nel rispetto di quanto previsto per il periodo di preavviso in ciascun Contratto collettivo nazionale di categoria, inoltre al lavoratore sarà erogata la busta paga riferita all’ultimo mese di lavoro, un’apposita indennità sostitutiva pari alla retribuzione che sarebbe spettata al dipendente se fosse stato rispettato il preavviso, comprensiva di tredicesima e quattordicesima se prevista.
Redatto da: Carla Condoluci
Aggiornato da: Paola Massolo
Fonti normative
Codice civile: artt. 2110, 2119 c.c.
Statuto dei lavoratori: legge 300 del 1970
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