Quali sono le tutele per chi perde il lavoro?

Le conseguenze di un evento traumatico, quale la perdita del proprio posto di lavoro, dipendono da vari fattori, come l’età, la situazione economica famigliare, il proprio titolo di studio, la capacità di adattamento ad una nuova situazione da parte di ogni singolo individuo.

Per alcuni, una situazione negativa può anche trasformarsi nell’occasione di un nuovo inizio, una seconda occasione, la possibilità di crearsi un futuro diverso e, forse, migliore. Ma per molte altre persone, la perdita del lavoro resta invece un vero e proprio incubo che rischia di vanificare anni di sacrifici e di mettere a repentaglio la sicurezza economica di se stessi e della propria famiglia.

Per questo motivo, nel caso si verifichi una simile situazione, è importante conoscere quali sono le tutele per un lavoratore che viene licenziato (o che si dimette, magari per giusta causa), in modo da essere in grado di correre ai ripari sfruttando le opzioni previste dalla legge, non solo per superare economicamente le difficoltà della mancanza di uno stipendio, ma anche per migliorare le proprie chance in vista di una nuova assunzione futura.

1. Assegno di disoccupazione: la NASpI

In primo luogo, per avere diritto a qualsiasi tipo di tutela riservata al lavoratore disoccupato o dimessosi per giusta causa, è necessario che quest’ultimo acquisisca lo stato di disoccupazione recandosi presso un Centro per l’Impiego, dove dichiarerà di essere attualmente privo di occupazione nonché immediatamente disponibile ad un nuovo impiego (compilando la DID, Dichiarazione di Immediata Disponibilità) e attivamente impegnato nella ricerca di un lavoro.

Una volta seguito questo iter, è possibile valutare la possibilità di accedere all’assegno di disoccupazione denominato “Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego”, la NASpI.

Tra i requisiti di quest’ultima, oltre naturalmente all’appena descritto stato di disoccupazione, si trovano l’obbligo di aver versato contributi almeno per 13 settimane nel corso dei 4 anni precedenti il licenziamento, nonché la necessità di aver lavorato almeno per 30 giorni nel corso dell’ultimo anno (esistono situazioni specifiche, come malattie o infortuni, che possono andare a modificare il calcolo del relativo periodo).

Se tali requisiti sono soddisfatti, il lavoratore riceverà dunque un assegno di disoccupazione la cui entità monetaria dipende da alcuni fattori, tra cui l’ammontare degli stipendi ricevuti e il numero di settimane di contribuzione versata nei 4 anni precedenti. Dopo 90 giorni, tuttavia, l’importo dell’assegno inizierà gradatamente a diminuire ogni mese del 3%, fino a quello che rappresenta il limite temporale della NASpI, che può durare al massimo 24 mesi.

2. Oltre la NASpI: l’ASDI

Se al termine del periodo coperto dall’assegno NASpI un lavoratore dovesse trovarsi in una condizione di difficoltà per cui non è ancora riuscito a trovare un nuovo lavoro, ecco che entra in gioco un nuovo strumento denominato ASDI, vale a dire un assegno di disoccupazione riservato per l’appunto ai lavoratori privi di occupazione e che hanno già usufruito della NASpI per il periodo massimo possibile, trovandosi però ancora disoccupati ed in una situazione di bisogno economica (o anche semplicemente vicini alla pensione). 

Questo ulteriore strumento, consente di ricevere un’indennità del 75% rispetto all’ultimo assegno NASpI percepito, per un periodo di sei mesi, a patto che siano rispettate alcune condizioni, tra cui:

  • non avere richiesto il pagamento anticipato della NASpI in un’unica soluzione;
  • avere almeno 55 anni, oppure essere parte di un nucleo famigliare con almeno un minorenne;
  • non avere già percepito 6 mesi di ASDI nell’anno precedente, oppure 20 mesi di ASDI nei cinque anni precedenti;
  • non avere percepito le vecchie indennità di disoccupazione (ASPI/MINI ASPI) fino al 31/12/2015;
  • non possedere gli attributi necessari ad ottenere l’assegno sociale;
  • non avere un reddito ISEE che superi i 5000 euro;
  • non detenere i requisiti per la pensione, anticipata o di vecchiaia.

Va tuttavia precisato che l’ASDI non sarà più disponibile dal prossimo anno, in quanto nel 2018 entrerà in vigore il Reddito di Inclusione (Rei), per cui sarà possibile presentare la domanda dal primo gennaio. Il Rei sarà uno strumento particolare, che funzionerà come una sorta di accordo specifico tra il Comune ed il cittadino che si trova in una condizione di povertà. Quest’ultimo, dovrà prendere e rispettare impegni ben precisi, che potranno spaziare dall’obbligo di mandare a scuola i propri figli, garantendo anche dei risultati scolastici adeguati, alla ricerca attiva e costante di un nuovo posto di lavoro.

Essendo una misura ancora non entrata in vigore, non è dato sapere con precisione i requisiti per poter accedere al Rei, anche se tra questi ci sarà una bassa soglia di reddito ISEE (probabilmente inferiore a 6000 euro), e la presenza di minorenni, disoccupati o disabili nel nucleo famigliare.

3. Assegno di ricollocazione

Infine, a prescindere dalla NASpI e dall’ASDI, va segnalata la presenza del cosiddetto assegno di ricollocazione, che permette di usufruire di servizi pubblici e privati allo scopo di trovare un nuovo lavoro. 

Per potervi accedere, occorre essere disoccupati da almeno 4 mesi e percepire la NASpI, avendo quindi firmato al Centro per l’Impiego sia la DID, sia il patto di servizio che serve per inserire il lavoratore disoccupato in un progetto che miri a trovargli al più presto un nuovo impiego. L’assegno di ricollocazione può essere speso proprio in un Centro per l’Impiego o in un’agenzia di collocamento, per far sì che questi ultimi aiutino il disoccupato nella ricerca lavorativa. 

Durante il periodo in cui è attivo il patto di servizio, l’assegno viene sospeso (infatti in questo caso sarà lo stesso Centro per l’Impiego o agenzia in cui il patto è stato sottoscritto ad aiutare il disoccupato nel suo percorso verso un nuovo lavoro)

4. Il DIS-COLL

Un ultimo elemento di cui tenere conto, è il cosiddetto DIS-COLL, un’indennità che riguarda i lavoratori parasubordinati (gli ex “co-co-co”) e che ammonta al 75% dell’imponibile medio mensile. Per richiedere il DIS-COLL bisogna che il lavoratore possieda lo stato di disoccupazione, che abbia maturato almeno 3 mesi di contributi nell’anno precedente alla collaborazione, nonché un mese di contributi nell’anno in cui termina il suo contratto, oppure un mese di collaborazione per quanto riguarda l’anno corrente con un compenso che ammonti alla metà della contribuzione minima mensile.

Fonti normative

Legge 183/2014 (Jobs Act)

D.Lgs. 15 settembre 2017, n. 147

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Avvocato Alessandro Savino Team Avvocatoflash

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