Il licenziamento delle categorie protette: quando è legittimo?

Si può credere che le categorie protette non possano essere licenziati come tutti gli altri lavoratori dal momento che sono soggetti con un handicap. In realtà non è così e a confermarlo è stata la Corte di Cassazione nella sentenza n. 28426 del 2013.

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1. Cosa sono le categorie protette?

Prima di iniziare a parlare del licenziamento delle categorie protette, bisogna capire quali sono le suddette e quando vi si fa parte.

Nel nostro ordinamento, con il termine “categorie protette” si intende identificare tutti quei soggetti che hanno delle disabilità fisiche o psichiche.
Questi soggetti godono di una particolare tutela nell'ambito del diritto di lavoro, in particolare hanno specifiche tutele ex legge numero 68 del 12 marzo 1999.

Dunque rientrano in tale categoria: 

  • tutte le persone che hanno un'incapacità lavorativa superiore al 45%, 
  • non vedenti, 
  • gli invalidi del lavoro con un'invalidità non superiore al 33%,
  • i sordomuti, 
  • gli orfani, 
  • gli invalidi di guerra o per servizio, 
  • i figli dei suddetti, 
  • e vittime di criminalità o di terrorismo, 
  • i figli dei suddetti.

2. Categorie protette: diritti e vantaggi per il lavoratore

Le categorie protette che versano in uno stato di disoccupazione e che hanno più di 15 anni e meno di 65 anni, hanno il diritto di iscriversi alle liste provinciali del collocamento mirato, un organo istituito presso i Centri dell’impiego di ogni provincia e dedicato proprio ai lavoratori svantaggiati. 

I lavoratori disabili hanno anche diritto ai permessi lavorativi.

Il lavoratore dipendente disabile, portatore di un handicap grave, può disporre di permessi giornalieri orari (due ore al giorno) o dei permessi mensili (tre giorni al mese) che sono scindibili, retribuiti, coperti da contributi figurativi e non incidono sulla formazione delle ferie e della tredicesima mensilità. 

Le due tipologie di permessi non sono cumulabili, ma di mese in mese è possibile scegliere una modalità o l’altra.


3. In quali casi è legittimo tale licenziamento?

Le norme che i datori di lavoro devono rispettare per poter licenziare i soggetti appartenenti a categorie protette sono, senza dubbio, differenti, rispetto a quelle per i lavoratori non facenti parti di tali categorie, e in particolare, sono regolati dalla legge 68/1999, e più specificatamente ulteriori aspetti vengono stabiliti dalla sentenza n.28426/2013 della Corte di Cassazione. 

Pochi sono i motivi per cui è possibile licenziare un lavoratore facente parte delle categorie protette:

  • per mancato superamento del periodo di prova (Cassazione n. 21965 del 27 ottobre 2010). Se l’invalido lo richiede, il datore di lavoro è tenuto a fornire i motivi, validi, seri ed obiettivi, del licenziamento. 
  • Per giusta causa. Il datore di lavoro deve però provare che non è più possibile continuare il rapporto, anche ponendo il lavoratore in altro settore, per aver assunto un atteggiamento inaccettabile oppure per mancanza di mansioni adatte all’invalido, nonostante siano stati messi in atto tutti gli adattamenti possibili e accertati dalla Commissione medica (legge 104/92). 
  • Per giustificato motivo soggettivo. Ovviamente, in questo caso il licenziamento è legittimo solo se non è possibile ricollocare il lavoratore in altro settore. 
  • Per giustificato motivo oggettivo (Legge n.68 del 12 marzo 1999 n. 68 / articolo 4 comma 9 Legge n. 223 del 23 luglio 1991). E’ il caso in cui le aziende che, versando in una situazione di crisi, sono costrette a ridurre il proprio personale. In questo caso, il disabile è licenziabile solo quando il numero dei dipendenti residui disabili è divenuto maggiore o uguale alla quota di riserva (ossia il numero di disabili da assumere obbligatoriamente, in funzione del numero dei dipendenti). 
  • Per superamento del periodo di comporto. La Suprema Corte, con la sentenza 3931/15, ha sancito la legittimità del licenziamento per superamento del periodo di comporto, anche se la quota di riserva non è raggiunta. 
  • Per aggravamento dell’invalidità. Il datore di lavoro può licenziarlo solo se dimostra di non poter ricollocare il lavoratore in altri settori e solo se, anche con tutti i possibili adattamenti e accorgimenti accertati dalla Commissione medica (legge 104/92), il ricollocamento risulta impossibile.

4. Licenziamento categorie protette jobs act

Dal 1° Gennaio 2017 una delle novità introdotte dal Decreto Semplificazioni (Dl n. 151/2015) attuativo del Jobs Act è stata quella di rendere obbligatorio l'assunzione di almeno un lavoratore con disabilità per i datori di lavoro che occupano in azienda tra 15 e 35 dipendenti. 

Tra le novità anche quella di assumere lavoratori con disabilità attraverso chiamata nominativa

Sono esonerati dall'obbligo di assunzione di un lavoratore disabile le aziende con dipendenti impiegati in lavorazioni che provochino un’esposizione al rischio con tasso di premio INAIL pari o superiore al 60 per mille. Per godere di tale esonero, i datori di lavoro dovranno attestare il rischio e versare una somma pari a 30,64 euro per ogni giorno di lavoro e per ciascun lavoratore disabile non occupato, al al Fondo per il diritto al lavoro dei disabili.

5. Fonti normative

Legge 68 del 12 marzo 1999
Sentenza n. 28426/2013 della Corte di Cassazione

Isabella D'ambrogio


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