Dimissioni del dipendente per giusta causa
Le dimissioni del dipendente per giusta causa rappresentano un’ipotesi particolare di dimissioni del lavoratore subordinato. In questo caso, il dipendente potrà recidere dal contratto, senza essere obbligato a dare al proprio datore di lavoro alcun tipo di preavviso.
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1. Quando si tratta di giusta causa
Si ritiene che il dipendente possa rassegnare le dimissioni per giusta causa, sia sulla base di fatti strettamente collegati al rapporto di lavoro, sia sulla base di fatti ad esso estranei. Nel primo caso, la circostanza rilevante riguarda un inadempimento contrattuale del datore di lavoro talmente grave, da rendere impossibile la prosecuzione del rapporto lavorativo. Nel secondo caso invece, la giusta causa potrà essere ravvisata in un inadempimento personale del lavoratore tale da non permettergli di adempiere ai propri compiti.
Pertanto, il lavoratore che opera in un contesto lavorativo tale da non consentire la prestazione lavorativa, potrà rassegnare le dimissioni per giusta causa.
Tra le causali delle dimissioni per giusta causa, la giurisprudenza riconosce:
- Il mancato pagamento della retribuzione al proprio dipendente;
- La mancata regolarizzazione della posizione contributivae l’omesso versamento dei contributi del dipendente;
- Le molestie sessuali o il mobbing nei confronti del dipendente;
- Il comportamento offensivo ed ingiurioso, del datore di lavoro o del superiore gerarchico, rivolto al dipendente;
- Lo spostamento del lavoratore da una sede aziendale ad un’altra, in mancanza di valide motivazioni organizzative, tecniche o produttive (Art. 2013 c.c.);
- Il mancato rispetto da parte del datore delle discipline previste in materia di sicurezza sul lavoro, tale da poter compromettere lo stato di salute del dipendente.
A tal proposito, è intervenuta anche l’INPS con la Circolare n. 163/2003, con la quale ha provveduto a ribadire, nell’ambito delle dimissioni per giusta causa, i motivi in base ai quali il lavoratore ha il diritto di rassegnare le dimissioni senza l’obbligo di preavviso, poiché dette dimissioni sono una conseguenza diretta di un inadempimento del datore di lavoro.
Le dimissioni per giusta causa sono disciplinate dall’art. 2119 c.c. nel quale si statuisce che ciascuno dei contraenti, all’interno di un rapporto di lavoro, può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, nel caso in cui si sia verificata una causa che non consenta più la prosecuzione del rapporto stesso.
Le dimissioni in oggetto danno sicuramente dei vantaggi al lavoratore dipendente, tra i quali;
- L’assenza dell’obbligo di preavviso;
- Il diritto a ricevere l’indennità sostitutiva di preavviso;
- Il risarcimento dall’azienda dei danni derivanti dalla perdita del lavoro;
- Il diritto di ricevere l’indennità di disoccupazione dall’INPS.
2. Qual è la procedura
Il dipendente che intende presentare le sue dimissioni per giusta causa, oltre a non avere come in precedenza accennato, l’obbligo di darne preavviso al datore di lavoro, non è neanche obbligato a comunicare immediatamente allo stesso, le motivazioni che le hanno determinate, deve però comunicare che non si tratta di dimissioni ordinarie.
Il lavoratore per formalizzare le sue dimissioni dovrà compilare un apposito modello in via telematica, e potrà fare ciò sia autonomamente, sia con l’ausilio di un intermediario abilitato ( Patronato a organizzazioni sindacali) inserendo specificatamente , nella causale, la dicitura dimissioni per giusta causa.
È necessario precisare, che entro 7 giorni dalla data di trasmissione del suddetto modello, le dimissioni possono essere revocate. Inoltre, le dimissioni devono essere una reazione immediata alla condotta grave del datore di lavoro, infatti, il lavoratore non potrà posticipare l’interruzione del rapporto, in quanto il fondamento della giusta causa sta nel fatto che il comportamento tenuto dal datore di lavoro, non consente in alcun modo la prosecuzione del rapporto lavorativo.
3. Diritti e obblighi del datore di lavoro
Il datore di lavoro a seguito delle dimissioni per giusta causa del suo dipendente sarà tenuto a corrispondere:
- Al dipendente l’indennità sostitutiva di preavviso, cioè una somma di denaro pari alla retribuzione che sarebbe spettata al lavoratore, in caso di dimissioni ordinarie, nel periodo di preavviso dal contratto collettivo;
- All’INPS il contributo di ingresso alla Naspi, chiamato anche ticket di licenziamento, che corrisponde al 41% del massimale mensile di disoccupazione per ogni anno di anzianità aziendale. Il suddetto importo sarà proporzionato ai mesi di durata del contratto.
Nel caso in cui il lavoratore abbia omesso di indicare la causa delle sue dimissioni, nella dichiarazione di recesso, il datore, che ritiene che non siano ravvisabili gli estremi di una giusta causa del suo dipendente, può:
- Indicare comunque, nell’ UNILAV la motivazione “dimissioni per giusta causa”, in quanto non è vincolante ai fini di un successivo eventuale giudizio;
- Comunicare all’INPS, che egli non ritiene esistente la giusta della delle dimissioni del suo dipendente, in tal modo verrà bloccata l’erogazione a sostegno del reddito (Naspi).
In seguito a quanto sopra, si instaurerà un contraddittorio tra datore e dipendente, e sarà il giudice a decidere se il datore dovrà corrispondere al suo lavoratore l’indennità sostitutiva di preavviso, il contributo per la disoccupazione e l’eventuale risarcimento del danno.
Gli effetti economici derivanti dalle dimissioni per giusta causa sono sommariamente gli stessi previsti per le dimissioni ordinarie, pertanto al dipendente saranno liquidati:
- La retribuzione che gli spetta fino all’ultimo giorno lavorativo;
- Eventuali ferie e permessi non goduti;
- La quota indicata come mensilità oggettiva (tredicesima, quattordicesima);
- Il trattamento di fine rapporto.
4. Dimissioni per giusta causa in caso di contratto a termine
Nei contratti a termine, di norma, il rapporto di lavoro prosegue fino alla naturale scadenza del contratto, pertanto, il recesso anticipato rappresenta un evento eccezionale e imprevedibile sia per il lavoratore che per l’azienda.
In tale contesto, le dimissioni per giusta causa sono l’unico caso in cui il recesso è ammesso, ciò è legato ad un comportamento talmente grave del datore di lavoro, da non poter consentire al dipendente il proseguimento del rapporto di lavoro. Al verificarsi della suddetta circostanza, il lavoratore avrà diritto anche al risarcimento del danno, risarcimento che comprenderà l’intera retribuzione prevista nel caso in cui il rapporto fosse proseguito fino alla scadenza del contratto, mentre non è dovuta l’indennità sostitutiva di preavviso.
5. Quando è possibile non comunicare anticipatamente le dimissioni al datore di lavoro?
L’obbligo di comunicare anticipatamente le dimissioni al proprio datore di lavoro viene meno in casi tassativi, come:
- il recesso durante o al termine del periodo di prova;
- la risoluzione del rapporto allo scadere del contratto a tempo determinato;
- la risoluzione consensuale (cioè entrambe le parti concordano di interrompere il rapporto di lavoro);
- durante i periodi di sospensione dal rapporto per intervento della Cassa integrazione.
In ulteriori ipotesi, oltre alla possibilità di licenziarsi immediatamente, al lavoratore spetta, in aggiunta, un'indennità sostitutiva di preavviso.
Tali ipotesi sono:
- le dimissioni presentate dalla lavoratrice durante la gravidanza e dalla lavoratrice o dal lavoratore (che abbia usufruito del congedo di paternità) durante il primo anno di vita del bambino;
- dimissioni per giusta causa dovute a: comportamento ingiurioso e offensivo, retribuzione non corrisposta, molestie sessuali, trasferimento della sede di lavoro oltre i 50 chilometri.
A complemento della disciplina sopra illustrata è necessario citare anche il codice civile che all'articolo 2119 statuisce che: “Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Se il contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l’indennità indicata nel secondo comma dell’articolo precedente” Ergo, in mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l’altra parte a un’indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.
6. Chi ha diritto alla disoccupazione?
La disoccupazione spetta ai lavoratori licenziati, mentre non è più prevista nei casi di autolicenziamento (tranne che per le lavoratrici in maternità).
Tale indennità, viene corrisposta se le dimissioni sono originate da giusta causa come mancato pagamento dello stipendio, molestie sessuali, mobbing, ecc.
Il preavviso può essere più o meno lungo a seconda di quanto è stato normato espressamente dai contratti collettivi di riferimento e varia, principalmente in base alla categoria lavorativa, all'inquadramento e all'anzianità di servizio.
Il preavviso, solitamente, riveste la forma scritta per tutelare il lavoratore.
I motivi di licenziamento per giusta causa da parte del lavoratore, più nello specifico sono:
- dimissioni per mancato pagamento dello stipendio;mancato versamento dei contributi da parte del datore;
- richiesta di comportamenti illeciti da parte del datore;
- molestie sessuali;
- peggioramento delle mansioni lavorative;
- mobbing;
- trasferimento senza motivo.
Il lavoratore che intenda licenziarsi deve seguire la procedura di convalida, consegnare la lettera di dimissioni e presentare per via telematica la domanda all'INPS (dimissioni INPS) allegando tutta la documentazione necessaria.
Leonilde Di Tella
Fonti normative
Articolo 2013 Codice Civile
Circolare INPS n. 163/2003
Articolo 2119 Codice Civile
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