Come difendersi dalle molestie sessuali sul posto di lavoro?

Questi tipi di ricatti non riguardano solo il mondo dello spettacolo, ma tutti i contesti lavorativi, dove purtroppo la donna è, e continua ad essere, discriminata. Succede a tutte le donne, siano esse segretarie, operaie, studentesse, collaboratrici, specializzande, impiegate. Vediamo insieme di approfondire l’argomento.

Di recente abbiamo assistito alla polemica riguardante il caso delle molestie sessuali sul posto di lavoro nel mondo dello spettacolo. Non si può non pensare alla denuncia fatta da Asia Argento nei confronti del famoso regista Weinstein che, in tempi passati, si era fatto trovare in accappatoio chiedendole un massaggio.

Un vero e proprio ricatto sessuale, a detta dell’attrice, che la stessa si è portata dentro per anni e che solo ora ha avuto il coraggio di denunciare. Dopo la sua denuncia, per fortuna, tantissime sono state le attrici che hanno denunciato le molestie subite da un regista italiano, sul cui caso si sta ancora indagando.

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1. Come ci si può difendere?

Lanciamo un monito a tutte le donne: non ci si deve mai vergognare e sentire in colpa per quello che si subisce. Non può considerarsi normale l’atteggiamento di chi etichetta le colleghe con epiteti coloriti oppure rivolge avance pesanti.

Se una donna subisce una qualsiasi molestia, anche solo verbale, deve denunciare e non nascondersi. Esistono tante associazioni e tanti professionisti seri che sono in prima linea nella lotta alla violenza di genere.

La molestia sessuale, infatti, può essere considerata una forma di violenza che lede la dignità della donna, facendola sentire debole, indifesa e la colloca in una posizione di inferiorità.

Le battutine scherzose a sfondo sessuale, gli abbracci affettuosi, i complimenti spinti, gli inviti a cena, la mano sul fianco sembrano gesti apparentemente innocui, che celano, tuttavia, l’intento discriminatorio di chi li compie.

È abbastanza difficile dimostrare questo intento perché non tutti sono pronti a testimoniare davanti ad un giudice. A ciò, peraltro, si aggiunge la paura di perdere il posto di lavoro e di rimanere disoccupate. Questa difficoltà, tuttavia, non deve assolutamente porsi come ostacolo insormontabile e fare accettare questo tipo di soprusi sessuali.

I mezzi di cui concretamente possono avvalersi le donne per tutelarsi esistono e ora vedremo quali sono. Anzitutto, chiariamo il significato di molestia sessuale.

Ai sensi dell’art. 26 del d.lgs. dell’11 aprile 2006, n. 198, cd. “codice delle pari opportunità”, si definiscono molestie tutti quei comportamenti non desiderati, posti in essere con la finalità di offendere la dignità di una lavoratrice, e di creare un clima intimidatorio, ostile, umiliante.

Esse possono essere:

  • Molestie verbali: commenti sull'aspetto fisico, inviti indesiderati, avance in cambio di vantaggi, ricatti sessuali;
  • Molestie fisiche: contatti fisici indesiderati, atti sessuali, violenza carnale;
  • Molestie psicologiche: le più difficili da dimostrare e che hanno lo scopo di denigrare e umiliare la donna.

 

2. Cosa fare quando si è vittime di una molestia sessuale?

La prima cosa da fare è manifestare chiaramente il proprio dissenso e, se le attenzioni non gradite dovessero continuare, scrivere una lettera o un’email nella quale si elencano tutti i comportamenti sgraditi e dei quali si chiede esplicitamente la cessazione.

In secondo luogo, ci si può rivolgere al consigliere di fiducia, figura presente nelle grandi aziende, o al Comitato unico di garanzia presente nella pubblica amministrazione. Questi organi hanno il compito di trovare una soluzione formale o informale, avendo riguardo al codice etico o al codice di condotta interno.

E da ultimo si possono adire le vie legali chiedendo la condanna del datore di lavoro per mobbing. Le molestie sessuali, difatti, rappresentano un concretarsi della condotta del datore di lavoro e/o dei colleghi il cui intento principale è quello di creare una sensazione di disagio nella vittima.

Il mobbing può essere di due tipi:

  • Orizzontale: le condotte discriminatorie sono poste in essere da colleghi di pari grado
  • Verticale (o bossing): le condotte discriminatorie sono poste in essere dal capo nei confronti dei subalterni

In un eventuale giudizio di mobbing sarà il datore di lavoro a dover dimostrare di aver ottemperato all’obbligo di cui all’art. 2087 c.c., cioè di tutelare l’integrità psico-fisica dei propri dipendenti ponendo in essere tutte le cautele necessarie atte ad evitare le condotte discriminatorie, e che l’evento lesivo è dipeso da un fatto a lui non imputabile.

Fonti normative

D.lgs. dell’11 aprile 2006, n. 198: codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell’art. 6 della legge 28 novembre 2005, n. 246

Codice civile: art. 2087 c.c.

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Avvocato Carla Condoluci Team Avvocatoflash

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