Come funziona il congedo di maternità per una lavoratrice?
L’ABC della cosiddetta astensione obbligatoria posta a tutela della genitorialità.
1. Le origini della tutela
L’articolo 37 della nostra Costituzione sancisce la parità normativa nonché retributiva tra lavoratori e lavoratrici. Dato il carattere essenziale della funzione familiare svolta dalla donna, esso afferma da un lato la specialità della tutela riguardante la lavoratrice madre garantendole da sempre l’assolvimento dei compiti di maternità e la cura dei figli e dall’altro afferma il principio fondamentale di uguaglianza tra i due sessi. Così argomentando, la costituzione evita che da una normativa protezionistica speciale possano derivare per la madre lavoratrice pratiche discriminatorie e penalizzanti.
2. Il congedo di maternità: definizione e durata
A tal proposito, il congedo di maternità è un periodo di astensione obbligatoria a cui è fatto divieto assoluto di adibire al lavoro le donne durante un intervallo di tempo che comprende i 2 mesi precedenti la data del presunto parto e i 3 mesi successivi ad esso.
L’astensione obbligatoria comprende inoltre il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto (ove esso avvenga oltre la data presunta) nonché gli ulteriori giorni non goduti prima del parto (ove esso avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta). Tali giorni sono addizionati al periodo di congedo di maternità dopo il parto, anche se dovesse superarsi il periodo complessivo di 5 mesi.
Una delle peculiarità del congedo di maternità è che, stante la durata complessiva di esso, le lavoratrici possono comunque rendere flessibile l’astensione di cui si è parlato, posticipando l’inizio di esso al mese precedente la data presunta del parto e proseguendo nei quattro mesi successivi ad esso, purché non vi siano controindicazioni per la salute della gestante e del nascituro.
3. Casi di applicazione
A partire dal 2015 con decreto legislativo n.80 si è stabilito che, anche in caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica o privata, la madre ha diritto di chiedere la sospensione del congedo di maternità e di godere dell’astensione, in tutto o in parte, proprio dalla data di dimissione del bambino. Tale diritto è subordinato alla produzione di un’attestazione medico sanitaria che dichiari la compatibilità dello stato di salute della donna con la ripresa dell’attività lavorativa, fermo restando la possibilità di procedere alla suddetta richiesta una sola volta per figlio.
L’astensione obbligatoria viene inoltre riconosciuta alla lavoratrice in caso di interruzione della gravidanza verificatasi dopo il 180esimo giorno dall’inizio della gestazione (questa ipotesi è infatti considerata equivalente al parto). In questo specifico caso, la lavoratrice può rinunciare a fruire del congedo e riprendere in qualsiasi momento l’attività lavorativa. Qualora l’interruzione avvenga prima del 180esimo giorno, la lavoratrice non avrà diritto all’astensione ma potrà avanzare una richiesta semplice di malattia.
4. Il trattamento economico del congedo
Per tutto il periodo di congedo spetta alla lavoratrice un’indennità giornaliera pari all’80% della retribuzione la quale verrà computata nell’anzianità di servizio a tutti gli effetti (TFR, Ferie). Ai fini della determinazione della indennità, per retribuzione si intende la media giornaliera del periodo di paga quadrisettimanale o mensile scaduto ed immediatamente precedente a quello in cui ha avuto inizio il congedo di maternità.
Per le libere professioniste, invece, è prevista un’indennità per il periodo compreso tra i due mesi precedenti il parto e i tre mesi successivi alla nascita. Il trattamento sarà pari all’80% dei redditi percepiti e dichiarati e comunque in ogni caso non inferiore al salario minimo giornaliero e non superiore a 5 volte il predetto limite minimo.
5. L’anticipazione e la proroga del congedo
Il nostro ordinamento contempla anche la possibilità di anticipare il periodo di astensione a seconda delle condizioni di salute della lavoratrice. Quest’ultima possibilità può essere concessa:
- dall’ASP nel caso in cui sussistano gravi complicanze della gravidanza o persistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza;
- dall’ispettorato del lavoro competente territorialmente - d’ufficio o su istanza della lavoratrice - qualora esistano condizioni di lavoro o ambientali ritenute pregiudizievoli per la salute della donna e del bambino o quando la lavoratrice adibita a lavori pericolosi, faticosi ed insalubri non può essere spostata ad altre mansioni meno gravose.
Il periodo di astensione obbligatoria può essere, poi, prorogato fino a 7 mesi dopo il parto quando le condizioni di lavoro o ambientali siano pregiudizievoli e la lavoratrice non può spostata ad altre mansioni.
6. Uno sguardo all’ aspetto pratico: come procedere alla richiesta
Prima dell’inizio del congedo di maternità, la lavoratrice deve consegnare al datore di lavoro ed all’istituto erogatore dell’indennità il certificato medico attestante la data presunta del parto ed entro 30 gg dal parto ulteriore certificato di nascita del figlio o la relativa dichiarazione sostitutiva.
Ai fini di un generale snellimento burocratico, con legge n.98/2013 si è stabilito che entrambi i certificati debbano essere presentati all’INPS esclusivamente per via telematica direttamente dal medico del servizio sanitario nazionale o con lo stesso convenzionato.
7. Il diritto al rientro e alla conservazione del posto
Al termine del periodo di astensione obbligatoria la lavoratrice ha diritto:
- alla conservazione del posto di lavoro fatti salvi i casi di rinuncia;
- al reintegro nella stessa unità produttiva in cui lavorava all’inizio del periodo di gravidanza o comunque in un’altra purché ubicata nello stesso comune;
- a permanere nella medesima unità fino al compimento di un anno di età del bambino;
- ad essere adibita alle mansioni da ultimo svolte o a mansioni equivalenti;
- a beneficiare di eventuali miglioramenti delle condizioni di lavoro.
Fonti normative
- Costituzione: articolo 37
- Testo unico emanato con d.lgs. n.151/2001
- LGS. n.80/2015
- n.98/2013