Quali sono i termini per impugnare una sentenza di primo grado
Per promuovere appello contro una sentenza di primo grado è necessario rispettare determinati termini e iter. Scopriamo insieme quali sono.
- Quali sono i termini per impugnare una sentenza di primo grado?
- Esiste una sospensione dei termini per impugnare una sentenza di primo grado?
- Casi di interruzione dei termini per impugnare una sentenza di primo grado?
- Cosa succede se non viene proposto l’appello nei termini per impugnare una sentenza di primo grado?
- Proroga dei termini per impugnare una sentenza di primo grado
- Controversie sui termini per impugnare una sentenza di primo grado
- Fonti normative
1. Quali sono i termini per impugnare una sentenza di primo grado?
La parte soccombente di un processo ha diritto a promuovere appello purché rispetti i termini per impugnare una sentenza di primo grado. Si tratta di una serie di limiti temporali, perentori, alla scadenza dei quali la decisione del giudice passa in giudicato. Il riferimento normativo è costituito dall’art. 325 e seguenti del codice di procedura civile, indicando l’instaurazione di iter diversi a seconda che la sentenza venga notificata o meno.
I termini si dividono sostanzialmente in due tipologie: uno breve ed uno lungo. Il termine breve presuppone la corretta ed avvenuta notificazione al difensore della parte processuale ed offre la possibilità di proporre appello al giudice di secondo grado entro 30 giorni. Viene considerata come data di notifica il giorno in cui questa viene effettuata a favore dell’avvocato e non della parte, al fine di iniziare a far decorrere i giorni per promuovere l’impugnazione della sentenza. Notificare una sentenza direttamente alla parte ha invece lo scopo di far iniziare il procedimento di esecuzione forzata.
Per quanto riguarda il termine lungo, al contrario, questo è di 6 mesi dalla data di deposito della sentenza in cancelleria ed opera ogni volta in cui la sentenza non è stata notificata. Questa scadenza è stata stabilita al fine di evitare tempistiche di ricorso pressoché infinite, ogni volta in cui non si procede correttamente alla notifica dell’atto giurisdizionale. Una volta decorso tale termine infatti la sentenza passa in giudicato e non può essere più impugnata in alcun caso.
1.1 Esiste una sospensione dei termini per impugnare una sentenza di primo grado?
I termini per impugnare una sentenza di primo grado possono essere soggetti a vicende esterne, che comportano ad esempio la sospensione. Se il termine lungo o il termine breve cadono nell’arco temporale compreso tra il 1° ed il 31 Agosto, questi vengono sospesi con l’ordinaria ripresa della decorrenza a partire dal 1° Settembre. Questo fenomeno prende il nome di sospensione dei termini nel periodo feriale. Tale regola vale per tutti i processi, eccezione fatta per quelli che hanno ad oggetto materie delicate e specifiche (ad esempio previdenza o lavoro).
1.2. Casi di interruzione dei termini per impugnare una sentenza di primo grado?
Oltre ad una possibile sospensione dei termini (prevista nell’ipotesi indicata nel paragrafo precedente) vi sono anche fattispecie che comportano l’interruzione dei termini per impugnare una sentenza di primo grado. Uno di questi è la morte o la perdita della capacità di stare in giudizio della parte (o del suo difensore): in un caso simile il termine breve si interrompe e riprende a decorrere nel giorno in cui la notifica della sentenza viene rinnovata a favore degli eredi (può essere compiuta anche impersonalmente o nell’ultimo domicilio del de cuius).
2. Cosa succede se non viene proposto l’appello nei termini per impugnare una sentenza di primo grado?
I termini per impugnare una sentenza di primo grado (indicati nei paragrafi precedenti) sono perentori, ovvero non sono ammesse dilazioni o eventuali ritardi. Le impugnazioni effettuate oltre tali scadenze non sono ammissibili, essendo la sentenza già passata in giudicato. Sono ammesse proroghe solo in casi particolari e tassativamente previsti dalla legge; altrimenti non vi sono scuse.
Ma oltre al normale decorso dei termini, l’appello contro una sentenza di primo grado può non essere proposto a causa dell’acquiescenza. Si tratta della decisione volontaria della parte di accettare il provvedimento del giudice, con un tacito o espresso comportamento dal quale si desume l’interesse a non impugnare la sentenza.
3. Proroga dei termini per impugnare una sentenza di primo grado
Solo nel caso in cui venga applicato il termine lungo (ovvero per impossibilità di notifica della sentenza), la legge prevede un’unica ipotesi di proroga del termine stesso. È attribuita infatti la facoltà alla parte contumace (che non si è costituita come parte del procedimento giudiziale) di impugnare la sentenza di primo grado purché dimostri di non essere venuta a conoscenza del giudizio a suo carico per nullità della citazione o nullità della notificazione degli atti a lui diretti. Solo in un caso simile è prevista la possibilità di prorogare i termini per impugnare una sentenza di primo grado e di poter proporre l’eventuale appello dopo la decorrenza dei 6 mesi.
La proroga si considera esclusa, secondo gli orientamenti della giurisprudenza, qualora:
- la parte, che si è costituita o ha ricevuto regolarmente la citazione, è rimasta assente ed inerme per vizi relativi allo svolgimento del giudizio;
- il convenuto, sebbene contumace, ha comunque avuto notizia del procedimento attraverso la notifica della sentenza prima del decorso del termine lungo, effettuata a lui personalmente e idonea a far operare il termine breve per l’impugnazione.
4. Controversie sui termini per impugnare una sentenza di primo grado
La decorrenza esatta dei termini per impugnare una sentenza di primo grado è stata oggetto di ampi dibattiti in giurisprudenza a causa dell’incertezza che può generarsi nel caso in cui siano poste in calce due date differenti:
- la data di deposito
- la data di pubblicazione della sentenza.
Il problema è stato affrontato in numerose occasioni, comportando l’intervento delle Sezioni Unite della Cassazione con una recente sentenza (n. 18569 del 22 settembre 2016). Questo intervento ha ribadito gli orientamenti già proposti in passato dalla stessa adunanza (con la sentenza n. 3501 del 1979, confermata successivamente da un’ulteriore pronuncia, ovvero la n. 13794 del 2012) secondo cui il giorno della pubblicazione coincide con il giorno in cui il cancelliere deposita ufficialmente l’atto giurisdizionale.
Il cancelliere infatti non ha alcun potere di disporre liberamente una data diversa da quella indicata dal giudice stesso e per tale motivo si ritiene fondamentale far coincidere le due date (qualora queste siano poste in calce). Sebbene questo fenomeno possa sembrare di primo acchito un puro “disguido tecnico” in realtà comporta delle conseguenze di estrema rilevanza: il decorso dei termini per impugnare una sentenza, che rappresenta una delle massime tutele giurisdizionali previste a favore delle parti processuali.
Con la sentenza n. 18569 del 216, le Sezioni Unite hanno perciò ribadito che il giudice e i difensori delle parti stesse devono verificare il momento esatto in cui la sentenza è stata depositata dal cancelliere, essendo tale giorno quello coincidente con la pubblicazione dell’atto stesso. Il deposito è di fondamentale importanza, in quanto è proprio grazie a tale attività che la sentenza viene ad esistere (grazie all’apposizione di un determinato numero identificativo).
Fonti normative
- Codice di procedura civile: art. 325, 326, 327
- Sentenza Sezioni Unite della Corte di Cassazione n 18569 del 2016
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