Qual è il costo di un divorzio giudiziale?
Qualora, a seguito della separazione, si abbia intenzione di divorziare dal coniuge ma manca un accordo coniugale, quali spese occorre sostenere per promuovere il divorzio giudiziale? Scopriamolo insieme.
- Il divorzio giudiziale
- Il costo di un divorzio giudiziale
- Il patrocinio a spese dello Stato
- Quando può proporsi la domanda di divorzio giudiziale
- Come proporre la domanda di divorzio giudiziale
- Documenti del divorzio giudiziale
- Procedimento divorzio giudiziale
- Effetti del divorzio sul piano personale e patrimoniale
- Fonti normative
1. Il divorzio giudiziale
L'argomento che tratteremo oggi riguarda il divorzio, più precisamente il costo da sostenere a fronte del divorzio dal coniuge. Qualora non sussista l’accordo sulle condizioni inerenti la prole e sulla definizione dei rapporti intercorrenti tra i due coniugi diventa doveroso ricorrere alla procedura del divorzio giudiziale.
In tal caso, si svolge preliminarmente l’udienza davanti al presidente del tribunale, dove devono comparire entrambi i coniugi al fine di tentare la conciliazione tra gli stessi.
Ove ciò non avvenga, il presidente, dopo aver preso i provvedimenti necessari nel loro interesse e di quello dei figli, rimette le parti davanti al giudice ordinario per lo svolgimento della causa nel merito.
Detto ciò, vediamo nello specifico come funziona.
2. Qual è il costo di un divorzio giudiziale?
Il costo di un divorzio giudiziale, non può essere definito precisamente, poiché il compenso dell’avvocato è proporzionato all’importanza dell’opera. La parcella, spettante all’avvocato difensore, è definita in base alle tabelle tariffarie disciplinate dal D.M. n.° 55 del 2014, così come modificato dal D.M. nr. 37 del 2018, sulla liquidazione dei compensi professionali per l’avvocatura.
Tuttavia si precisa che i parametri forensi ivi indicati si utilizzano, ai sensi dell’’art. 13, comma 6, della legge 247/2012, solo nei casi in cui:
1) il cliente e professionista non hanno previamente determinato il compenso in forma scritta;
2) in ogni caso di mancata determinazione consensuale;
3) sia necessario provvedere alla liquidazione giudiziale del compenso;
4) la prestazione professionale è resa nell’interesse di terzi;
5) si tratti di prestazioni officiose previste dalla legge.
Quanto al D.M. nr. 37 del 2018, la principale novità introdotta da tale novella normativa consiste nel fatto che, mentre nei precedenti decreti i parametri prevedevano che il giudice potesse, dandone opportuna motivazione, effettuare una riduzione del compenso anche oltre i minimi stabiliti dalle tabelle, il decreto del 2018 ha previsto delle soglie minime percentuali di riduzione del compenso rispetto al valore parametrico di base che sono inderogabili.
Il comma 1-bis dell’art. 4 del decreto de quo, al fine di incentivare l’utilizzo dei sistemi informatici più avanzati per aumentare l’efficienza del sistema giustizia, stabilisce che il compenso vada determinato applicando un aumento del 30% quando gli atti depositati con modalità telematiche sono redatti con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione o la fruizione e, in particolare, quando esse consentono la ricerca testuale all’interno dell’atto e dei documenti allegati, nonché la navigazione all’interno dell’atto.
Al fine di determinare il compenso spettante al professionista il legislatore ha suddiviso la controversia in più fasi: o fase di studio: consistente nell’analisi della questione insorta, a seguito dell’ascolto del cliente, precedente all'instaurazione del giudizio; o fase introduttiva: consistente nella costituzione in giudizio e lo svolgimento dei vari adempimenti seguenti, nonchè nell’esame degli atti avversi e provvedimenti del giudice; o fase istruttoria: in cui si richiede l’ammissione dei diversi mezzi di prova e l'espletamento degli stessi, adempiendo agli oneri di legge; o fase di decisione: consistente nella redazione degli atti conclusivi del giudizio, nel ritiro della sentenza e negli adempimenti necessari all’esecuzione.
Per ogni fase la tabella tariffaria prevede un costo rapportato al valore della controversia. Per il divorzio giudiziale si considera il valore della controversia indeterminabile, dal momento che non ha ad oggetto rapporti patrimoniali, bensì di natura personale. Per meglio comprendere il meccanismo sopra indicato si prendono in considerazione gli scaglioni aventi valore tra 26.000 € e 52.000 € avendo riguardo della complessità della causa che può essere bassa, media o alta, in relazione alle questioni trattate e alle decisioni da assumere.
Applicando i criteri sopra indicati, nel giudizio ordinario dinanzi al Tribunale per la definizione del divorzio giudiziale, la parcella dell’avvocato divorzista può essere così valutata: o complessità bassa: circa 7.000 € ( che possono essere diminuiti fino a 3970 dal giudice) a cui aggiungere il pagamento delle spese forfettarie, la cassa e il pagamento dell’IVA nella misura del 22%, elevando in definitiva il costo fino a circa 10.500 €; o complessità media: circa 10.000 € a cui aggiungere il pagamento delle spese forfettarie, la cassa e il pagamento dell’IVA nella misura del 22%, elevando in definitiva il costo fino a circa 15.000 €; o complessità alta: circa 13.500 € € a cui aggiungere il pagamento delle spese forfettarie, la cassa e il pagamento dell’IVA nella misura del 22%, elevando in definitiva il costo fino a circa 19.500 €.
Sulla base di quanto detto, il costo da sostenere per il divorzio giudiziale è legato innanzitutto al comportamento processale delle parti in quanto, la definizione anticipata della controversia comporterà il pagamento solo per le fasi già svolte, con esclusione delle altre, con una conseguenza di diminuzione della parcella. A ciò occorre aggiungere la complessità del giudizio. Dal momento che, laddove le problematiche dei coniugi richiedono maggiori adempimenti e analisi approfondite, nonché la risoluzione di questioni di particolare importanza, ne deriva un aumento dei costi.
Pertanto, è possibile affermare, che il divorzio giudiziale potrà avere un costo intorno ai 10.000 € sino ad arrivare a 15.000 € - 20.000 € nelle ipotesi di un giudizio particolarmente complesso. A tali oneri, vanno aggiunti il pagamento del contributo unificato che, per il divorzio giudiziale, è di 98,00 € oltre al pagamento degli altri oneri necessari allo svolgimento del giudizio (notifiche, trasferte, ecc.).
3. Il patrocinio a spese dello Stato
Qualora si intenda intraprendere la procedura di divorzio giudiziale ma si teme di non poterne sostenere i costi è consigliabile verificare se si hanno i requisiti per accedere al gratuito patrocinio. Tale istituto è previsto infatti dall'ordinamento a favore dei soggetti che non abbiano adeguate risorse economiche per far fronte ai costi processuali. Lo Stato, si occupa di provvedere al pagamento diretto dell’intera parcella spettante all’avvocato difensore.
Possono accedervi, purché le loro ragioni non siano infondate: o i cittadini italiani; o gli stranieri, purché residenti in Italia quando è sorto il rapporto o fatto oggetto del processo da instaurare; o gli apolidi; o gli enti no profit. La condizione necessaria per accedere al gratuito patrocinio è rappresentata dalla capacità reddituale dell'istante: la legge attualmente prevede il limite massimo di 11.528,41€ in ambito civile.
Ove l'interessato conviva con i familiari, si tiene conto della somma dei redditi prodotti da ognuno di essi. Tale condizione reddituale deve persistere anche durante il processo, avendo lo Stato il diritto di recuperare le somme versate qualora le condizioni economiche del beneficiario dovessero subire degli incrementi. La parte designa il proprio legale al quale presentare l’istanza, scegliendolo nell'ambito di un elenco istituito presso il consiglio dell'ordine degli avvocati territoriale, personalmente o a mezzo raccomandata.
Il consiglio dell’ordine, verifica la capacità reddituale, nonché la non manifesta infondatezza della pretesa da far valere in giudizio entro dieci giorni dalla ricezione della domanda, decidendo sull'istanza e, solo successivamente, la comunica al destinatario.
4. Quando può proporsi la domanda di divorzio giudiziale?
La domanda di divorzio giudiziale può essere proposta da uno o da entrambi i coniugi nei casi tassativamente previsti dall’art. 3 l. 898/1970 (c.d. cause specifiche) e quando non sia possibile mantenere o ricostruire la comunione di vita materiale e spirituale (c.d. causa fondamentale).
Quanto alle cause specifiche, di seguito riportate, il legislatore dà particolare rilevanza a talune circostanze che, sanzionate penalmente, indicono sul rapporto coniugale, avendo riprovevolezza sul piano morale e sociale.
Tali sono i casi in cui quando, dopo la celebrazione del matrimonio, l’altro coniuge è stato condannato, con sentenza passata in giudicato, anche per fatti commessi in precedenza: o
a) all’ergastolo ovvero ad una pena superiore ad anni quindici, anche con più sentenze, per uno o più delitti non colposi, esclusi i reati politici e quelli commessi per motivi di particolare valore morale e sociale; o
b) a qualsiasi pena detentiva per il delitto di cui all’art. 564 c.p. e per uno dei delitti di cui agli artt. 519, 521, 523, 524 c.p. ovvero per induzione, costrizione, sfruttamento o favoreggiamento della prostituzione; o
c) a qualsiasi pena per omicidio volontario di un figlio ovvero per tentato omicidio a danno del coniuge o di un figlio; o
d) a qualsiasi pena detentiva, con due o più condanne, per i delitti di cui all’art. 582 c.p., quando ricorra la circostanza aggravante di cui al secondo comma dell’art. 583 c.p., e agli artt. 570, 572 e 643 c.p. in danno del coniuge o di un figlio.
Ulteriori presupposti rientranti nelle c.d. cause specifiche sono indicati nel nr. 2 dell’art. 3 l. 898/1970 e riguardano i casi in cui: o
a) l’altro coniuge è stato assolto per vizio totale di mente da uno dei delitti previsti nelle lettere b) e c) del numero 1) del presente articolo, quando il giudice competente a pronunciare lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio accerta l’inidoneità del convenuto a mantenere o ricostituire la convivenza familiare; o
b) è stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale fra i coniugi, ovvero è stata omologata la separazione consensuale ovvero è intervenuta separazione di fatto quando la separazione di fatto stessa è iniziata almeno due anni prima del 18 dicembre 1970.
Requisito necessario per la proposizione della domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio è che la separazione debba essersi protratta ininterrottamente da almeno dodici mesi dall'avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale, sei mesi nel caso di separazione giudiziale.
È opportuno precisare che per la decorrenza del termine non vale il tempo che i coniugi hanno trascorso in separazione di fatto, senza cioè richiedere un provvedimento di omologa al Tribunale.
5. Come proporre la domanda di divorzio giudiziale
La l. 898/1970, all’art. 4, stabilisce come procedere per inoltrare la domanda di divorzio:
La domanda per ottenere lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio si propone al tribunale del luogo dell’ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio. Qualora il coniuge convenuto sia residente all’estero o risulti irreperibile, la domanda si propone al tribunale del luogo di residenza o di domicilio del ricorrente e, se anche questi è residente all’estero, a qualunque tribunale della Repubblica. La domanda congiunta può essere proposta al tribunale del luogo di residenza o di domicilio dell’uno o dell’altro coniuge.
La domanda si propone con ricorso, che deve contenere l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali la domanda di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso è fondata.
Del ricorso il cancelliere dà comunicazione all’ufficiale dello stato civile del luogo dove il matrimonio fu trascritto per l’annotazione in calce all’atto.
Nel ricorso deve essere indicata l’esistenza di figli di entrambi i coniugi.
6. Documenti del divorzio giudiziale
Per poter procedere alla domanda di divorzio giudiziale, devono essere presentati al Tribunale una serie di documenti:
- estratto dell'atto di matrimonio (si richiede presso lo Stato civile del Comune ove s'è celebrato il matrimonio);
- certificato di residenza e stato di famiglia di entrambi i coniugi (non è possibile utilizzare l'autocertificazione);
- dichiarazione dei redditi del ricorrente degli ultimi tre anni;
- copia di un documento di identità del ricorrente;
- copia del codice fiscale del ricorrente.
7. Procedimento divorzio giudiziale
L’articolo 4 della Legge 898 del 1970, stabilisce le fasi del processo relativo alla domanda di divorzio:
- Il presidente del tribunale, nei cinque giorni successivi al deposito in cancelleria, fissa con decreto la data di comparizione dei coniugi davanti a sé, che deve avvenire entro novanta giorni dal deposito del ricorso, il termine per la notificazione del ricorso e del decreto ed il termine entro cui il coniuge convenuto può depositare memoria difensiva e documenti. Il presidente nomina un curatore speciale quando il convenuto è malato di mente o legalmente incapace.
- Al ricorso e alla prima memoria difensiva sono allegate le ultime dichiarazioni dei redditi rispettivamente presentate.
- I coniugi devono comparire davanti al presidente del tribunale personalmente, salvo gravi e comprovati motivi, e con l’assistenza di un difensore. Se il ricorrente non si presenta o rinuncia, la domanda non ha effetto. Se non si presenta il coniuge convenuto, il presidente può fissare un nuovo giorno per la comparizione, ordinando che la notificazione del ricorso e del decreto gli sia rinnovata. All’udienza di comparizione, il presidente deve sentire i coniugi prima separatamente poi congiuntamente, tentando di conciliarli. Se i coniugi si conciliano, il presidente fa redigere processo verbale della conciliazione.
- Se la conciliazione non riesce, il presidente, sentiti i coniugi e i rispettivi difensori nonché, qualora lo ritenga strettamente necessario anche in considerazione della loro età, i figli minori, dà, anche d’ufficio, con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell’interesse dei coniugi e della prole, nomina il giudice istruttore e fissa l’udienza di comparizione e trattazione dinanzi a questo. Nello stesso modo il presidente provvede, se il coniuge convenuto non compare, sentito il ricorrente e il suo difensore. L’ordinanza del presidente può essere revocata o modificata dal giudice istruttore. Si applica l’art. 189 delle disp. att. c.p.c.
8. Effetti del divorzio sul piano personale e patrimoniale
Con il divorzio i coniugi riacquistano lo stato libero ma, diversamente dalla pronuncia di annullamento che ha efficacia ex tunc (retroagisce alla data della celebrazione del matrimonio), questa ai sensi dell’art. 10 l. 898/1990 ha efficacia ex nunc ossia dal giorno dell’annotazione della sentenza.
L’iter del divorzio si conclude dunque quando la sentenza viene trascritta nei registri dello stato civile del Comune dove i coniugi si sono sposati, al fine di annotare lo scioglimento del matrimonio nell’atto conservato dall’ente stesso. Pur venendo meno lo stato di coniuge, cessando così i doveri coniugali (di cui agli artt. 51, 143, 149 c.c.), continuano a sussistere i doveri nei confronti della prole. Ulteriore conseguenza del provvedimento de quo è la cessazione della destinazione del fondo patrimoniale (art. 171 c.c.)
9. Divorzio Giudiziale: Fonti normative
- Decreto Ministeriale n. 55 del 10 Marzo 2014: Determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense.
- Decreto Ministeriale nr. 37 del 2018: Determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense, ai sensi dell'articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247.
- Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 30 Maggio 2002: Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia.
- Artt. 3,4 e 10 l. 898/1970
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