Il Processo per lite temeraria

Proviamo a dare una definizione di lite temeraria così da permettere anche ai non addetti ai lavori di comprendere cosa indichi questo termine. Essa, in sostanza, è una lite giudiziaria frutto della malafede o della colpa grave di una delle parti.

processo lite temeraria

Definizione, inquadramento normativo e presupposti giuridici
   LA LIQUIDAZIONE DEL DANNO DA LITE TEMERARIA
   LA DOMANDA DI RISARCIMENTO DEI DANNI DA LITE TEMERARIA E LA SUA QUANTIFICAZIONE
LA FUNZIONE SANZIONATORIA DELLA CONDANNA PER LITE TEMERARIA: PUNITIVE DAMAGES

 

1. Definizione, inquadramento normativo e presupposti giuridici.

La norma di riferimento che prevede la responsabilità per lite temeraria è l'art. 96 del codice di procedura civile che consta di tre commi ben distinti.

Quando si parla di lite temeraria si allude a quel comportamento della parte che, nonostante sia consapevole dell’infondatezza della sua domanda o eccezione (mala fede), la propone ugualmente, costringendo la controparte a partecipare ad un processo immotivato.

Conseguenza ne è che viene sanzionata la mancanza di quel minimo di diligenza richiesta per l’acquisizione di tale consapevolezza (colpa grave).

L’art. 96 c.p.c., al comma 3, stabilisce che il giudice condanna la parte soccombente la quale abbia agito o resistito in giudizio con malafede o colpa grave, su istanza dell’altra parte, al risarcimento dei danni liquidati in sentenza anche d’ufficio. Ne consegue che la condanna per responsabilità aggravata, o lite temeraria che dir si voglia, presuppone dunque:

1. un requisito oggettivo, costituito dalla soccombenza (totale, secondo una parte rilevante della giurisprudenza);

2. un requisito soggettivo, costituito dalla mala fede o colpa grave del soccombente (in particolare, è necessario che venga accertata, in capo alla parte soccombente, la sussistenza di mala fede quale consapevolezza dell’infondatezza della domanda, o della colpa grave per carenza dell’ordinaria diligenza volta all’acquisizione di detta consapevolezza);

3. il verificarsi di un conseguente danno a carico del vincitore.

2. LA LIQUIDAZIONE DEL DANNO DA LITE TEMERARIA.

Abuso del processo e condanna per responsabilità aggravata.

La rubrica dell’art. 96 c.p.c. configura la responsabilità per lite temeraria come una forma di responsabilità aggravata, in quanto, essendo fondata su un illecito, comporta l’obbligo di risarcire tutti i danni che conseguono all’aver dovuto partecipare ad un processo privo di fondamento alcuno.

L’introduzione di tale previsione di una forma di responsabilità del genere è stata dettata dall’intenzione, da parte del legislatore, di deflazionare il contenzioso introducendo la possibilità, in capo al Giudice, di condannare l’attore e/o il convenuto, che abbiano agito o si siano difesi in giudizio con mala fede o colpa grave, al pagamento di una somma quale sanzione per la violazione dei doveri di lealtà e probità sanciti dall’art. 88 c.p.c., con lo scopo di impedire la realizzazione di effetti pregiudizievoli per la controparte.

Come emerge chiaramente anche dal testo del primo comma dell'articolo 96 c.p.c., chi avvia una lite temeraria pone in essere un comportamento illecito dal quale può discendere l'obbligo di risarcire la controparte di tutti i danni subiti dall'essersi trovato costretto a partecipare e difendersi in un giudizio del tutto privo di giustificazione. I danni possono essere liquidati nella sentenza che chiude il giudizio e il Giudice può provvedervi anche d'ufficio.

A tal fine è necessario che la parte che chiede il risarcimento dia la prova sia dell'an sia del quantum debeatur o, almeno, che tali elementi siano desumibili dagli atti di causa (sul punto cfr. Cass. n. 18169/2004).

Si precisa che, in ogni caso, il giudice può provvedere anche a una liquidazione equitativa del danno.

 2.1 LA DOMANDA DI RISARCIMENTO DEI DANNI DA LITE TEMERARIA E LA SUA QUANTIFICAZIONE.

Il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale: i danni cd. psicologici. La domanda di risarcimento danni per lite temeraria va proposta nel medesimo giudizio nel quale i danni stessi si sono verificati. Infatti, la competenza ad accertare la responsabilità processuale aggravata è del Giudice del merito adito, che è poi chiamato a liquidare i danni in maniera precisa senza poter provvedere a un'eventuale condanna generica. Se la decisione giudiziale è adeguatamente motivata, l'accertamento della temerarietà non può essere censurato in sede di legittimità.

La domanda per lite temeraria può essere proposta anche per la prima volta in Cassazione, ma solo se si tratta di danni che possono essere collegati esclusivamente a tale fase di giudizio.

Per quanto concerne la quantificazione del risarcimento, gli elementi che vengono in rilievo sono diversi. Occorre, infatti, valutare ad esempio:

- la gravità dell'abuso;

- l'incidenza che questo ha avuto sulla durata del processo;  

- l'intensità dell'elemento soggettivo.

Ai sensi del terzo comma dell'articolo 96 c.p.c., il giudice, come accennato, può anche provvedere alla condanna della parte soccombente al pagamento in favore della controparte di una somma equitativamente determinata.

Ciò avviene in assenza di prova del danno patito e tenendo conto di tutti gli elementi della controversia.

Più nel dettaglio, nel procedere alla liquidazione equitativa del danno, il Giudice deve fare riferimento a nozioni di comune esperienza, tra cui il pregiudizio che la controparte subisce per il solo fatto di essere stata costretta a contrastare un'ingiustificata iniziativa dell'avversario, non compensata, sul piano strettamente economico, dal rimborso delle spese e degli onorari del procedimento stesso, liquidabili secondo tariffe che non concernono il rapporto tra parte e cliente (cfr. Corte di Cassazione n. 20995/2011 e cfr. Corte di Cassazione n. 3057/2009).

Inoltre, la determinazione equitativa della somma dovuta dal soccombente alla controparte non può essere parametrata all’indennizzo di cui alla Legge n. 89 del 2001 (che ha natura risarcitoria ed è commisurato solo al ritardo della giustizi senza permettere di valutare il comportamento processuale del soccombente alla luce dei principi di lealtà e probità), ma, altresì, può essere calibrata su una frazione o un multiplo delle spese di lite con l’unico limite della ragionevolezza (così Cassazione Civile, Sez. III, 04 luglio 2019, n. 17902).

Ad abundantiam, secondo quanto statuito anche dalla Corte di Appello di Roma, Sez. Lavoro, 22 febbraio 2019, n. 624:

 

in tema di responsabilità aggravata per lite temeraria, l'art. 96 cod. proc. civ. prevede, nel caso di accoglimento della domanda, il risarcimento dei danni, da intendersi, quindi, come ampia formulazione letterale comprensiva sia del danno patrimoniale, che del danno non patrimoniale, quest'ultimo trovando giustificazione anche in ragione della qualificazione del diritto di azione e difesa in giudizio in termini di diritto fondamentale. Ne consegue che, sotto il profilo del danno patrimoniale, in assenza di dimostrazione di specifici e concreti pregiudizi derivati dallo svolgimento della lite, è legittima una liquidazione equitativa che abbia riguardo allo scarto tra le spese determinate dal giudice secondo le tariffe e quanto dovuto dal cliente in base al rapporto di mandato professionale; mentre, sotto il profilo del danno non patrimoniale, la liquidazione equitativa deve avere riguardo alla lesione dell'equilibrio psico -fisico che, secondo nozioni di comune esperienza.

 

In relazione, invece, alla riconoscibilità dei danni cd. psicologici (principio trattato dalla sentenza su citata della Suprema Corte di Cassazione, sentenza n. 20995 del 12 ottobre 2011), sulla base della quale la liquidazione equitativa deve avere riguardo alla lesione all’equilibrio psico-fisico subita dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio per opera delle ingiustificate condotte processuali della controparte; la suddetta lesione all’equilibrio psico-fisico è desumibile in virtù di nozioni di comune esperienza anche alla stregua del principio, ora costituzionalizzato, della ragionevole durata del processo (art. 111 Cost., comma 2) e della L. n. 89 del 2001 (c.d. legge Pinto), secondo cui, nella normalità dei casi e secondo l’id quod plerumque accidit, ingiustificate condotte processuali, oltre a danni patrimoniali (quali quelli di essere costretti a contrastare una ingiustificata iniziativa dell'avversario, e, per di più, non compensata sul piano strettamente economico dal rimborso delle spese ed onorari liquidabili secondo tariffe che non concernono il rapporto tra parte e cliente), causano ex se anche danni di natura psicologica, che per non essere agevolmente quantificabili, vanno liquidati equitativamente sulla base degli elementi in concreto desumibili dagli atti di causa.

Infine, per completezza, giova precisare che anche la Corte Costituzionale, con sentenza n. 152/2016, si è pronunciata favorevolmente sulla questione del risarcimento dei danni per lite temeraria in favore della parte respingendo una questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Firenze il quale sosteneva che vi fosse un contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 Cost.

Infatti, la Consulta afferma che la norma (art. 96, comma 3 c.p.c.) fa riferimento alla condanna al pagamento di una somma, segnando così una netta differenza terminologica rispetto al risarcimento dei danni, oggetto della condanna di cui ai primi due commi dell'art. 96 c.p.c. facendo emergere maggiormente la funzione deflattiva e punitiva della norma in esame.

 3. LA FUNZIONE SANZIONATORIA DELLA CONDANNA PER LITE TEMERARIA: PUNITIVE DAMAGES.

Scatta d'ufficio la sanzione per lite temeraria per chi agisce o resiste pretestuosamente in giudizio. L’indirizzo della Corte di Cassazione sull’assenza di dolo o colpa grave.

Proprio al fine di evitare un abuso dell’utilizzo del processo, la Corte di Cassazione è intervenuta recentemente sul tema della funzione sanzionatoria della condanna per lite temeraria prevista dall’art. 96, 3 comma c.p.c.

Ciò ha comportato l’evoluzione della fattispecie dei cd. danni punitivi che ha progressivamente fatto ingresso nel nostro ordinamento.

La Suprema Corte prende in esame soprattutto il comma 3 dell’art. 96 c.p.c., il quale prevede che, in ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’art. 91, il Giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata. La condanna prevista dal comma 3, applicabile d'ufficio in tutti i casi di soccombenza, configura una sanzione di carattere pubblicistico, autonoma ed indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilità aggravata ex art. 96, commi 1 e 2, c.p.c. e con queste cumulabile, volta al contenimento dell'abuso dello strumento processuale. 

La sua applicazione, pertanto, non richiede, il riscontro dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensì di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di abuso del processo, quale l'aver agito o resistito pretestuosamente e cioè nell'evidenza di non poter vantare alcuna plausibile ragione

In relazione a ciò, la Corte di Cassazione Civile, Sezione III, con ordinanza pubblicata in data 11 ottobre 2018 e, più recentemente, con sentenza n. 16898 del 25 giugno 2019,  ha ribadito, a mero titolo esemplificativo, che, ai fini della condanna ex art. 96, terzo comma c.p.c., può costituire abuso del diritto all'impugnazione la proposizione di un ricorso per cassazione basato su motivi manifestamente incoerenti con il contenuto della sentenza impugnata, o completamente privo di autosufficienza oppure contenente una mera complessiva richiesta di rivalutazione nel merito della controversia.

(Nell’ipotesi di specie, il ricorso per cassazione integra un ingiustificato sviamento del sistema giurisdizionale, essendo non già finalizzato alla tutela dei diritti ed alla risposta alle istanze di giustizia, ma destinato soltanto ad aumentare il volume del contenzioso e, conseguentemente, a ostacolare la ragionevole durata dei processi pendenti ed il corretto impiego delle risorse necessarie per il buon andamento della giurisdizione). 

Avv. Giorgia Ballestrazzi

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Cos’è la lite temeraria? Qual è la sua definizione normativa ed il suo inquadramento giuridico? Cosa prevede l’art. 96, 3 comma c.p.c.? Casa si intende per funzione sanzionatoria della condanna per lite temeraria? Qual è lo scopo del legislatore? In che sede si può chiedere il risarcimento dei danni per lite temeraria? Quali tipologie di danni possono essere risarciti? E i danni psicologici? Come si quantificano i danni subiti?