Cos'è l'obbligazione nel diritto

Le obbligazioni hanno acquisito un ruolo centrale nel “nuovo” codice civile del 1942. Vediamo nel dettaglio cos'è e quali sono i tipi di un’obbligazione e cosa succede in caso di inadempimento.


Nel vecchio codice (1865) vi era una visione strumentale del rapporto obbligatorio come strumento per l’acquisto di veri beni che erano – ad esempio - la proprietà.

Ciò era dettato dal tipo di economia: un’economia agraria che vedeva la vera ricchezza nella proprietà immobiliare e di conseguenza l’attenzione del codice era tutta incentrata sul diritto di proprietà e non sul diritto di credito. Oggi viviamo in un’economia post industriale in cui la vera ricchezza è quella
mobiliare.

Ne deriva una scalata in auge del diritto di credito quale bene autonomamente rilevante e non più come tramite per l’acquisto di qualcosa di “più importante”. Questa rilevanza è rappresentata anche nel codice che dedica a questo tema tutto il libro IV.

1. Cos'è un’obbligazione

Una vera e propria definizione di obbligazione non si ritrova nel codice civile.

Per capire cosa sia l’obbligazione è necessario coniugare 3 norme fondamentali:

  • l’art. 1173 cod. civ. che si occupa di definire le fonti dell’obbligazione (contratto, fatto illecito e ogni altro atto o fatto idoneo a produrle)
  • l’art. 1174 cod. civ. il quale stabilisce i caratteri dell’obbligazione (suscettibile di valutazione economica)
  • l’art. 1175 cod. civ. che fissa i principi in tema ed in particolare il principio di buona fede.

Questi frammenti, uniti, ci permettono di dare una definizione di obbligazione la quale, se fosse stata predeterminata dal legislatore, avrebbe impedito l’adattabilità del concetto ai mutamenti socio-economici.


Originariamente, l’obbligazione era vista come un vincolo sulla persona del debitore: qualcosa che ne limitasse la libertà personale. Oggi l’accento è posto sul rapporto obbligatorio più che sulla persona.

Ne deriva che il rapporto obbligatorio è un rapporto giuridico in funzione del quale un soggetto (il debitore) è tenuto ad una prestazione suscettibile di valutazione economica al fine di soddisfare un interesse, anche non patrimoniale, del creditore.

Dalla definizione giurisprudenziale si evince che per aversi un’obbligazione sono necessari i seguenti elementi:

  • elemento soggettivo: ci devono essere almeno due soggetti;
  • elemento oggettivo: la prestazione deve essere economicamente valutabile;
  • elemento teleologico: l’obbligazione sorge se c’è un motivo, cioè la soddisfazione di un interesse del creditore, anche non patrimoniale, ma pur sempre proporzionato, lecito e tale da a sorreggere questa limitazione della libertà soggettiva.

2. Quali sono i tipi di obbligazione

Come abbiamo visto, le fonti dell’obbligazione sono molteplici. Ne deriva che categorizzare le obbligazioni non è cosa semplice.

Se ci concentriamo sul contenuto della prestazione potremo avere:

  • obbligazioni di fare: hanno ad oggetto una prestazione che comporta un "fàcere";
  • obbligazioni di dare: l’oggetto della prestazione è rappresentato dal consegnare un bene (ad es. una somma di denaro).

Le obbligazioni di fare portano ad un’altra distinzione:

  • obbligazioni di mezzi: sono quelle tipiche dei medici o degli avvocato, cioè quelle obbligazioni dove il debitore deve prodigarsi a porre in essere determinati comportamenti senza essere obbligato ad un certo risultato;
  • obbligazioni di risultato: in questo tipo di obbligazioni ciò che importa è raggiungere il risultato prefissato.

L’obbligazione può essere

  • divisibile: nelle ipotesi di pluralità soggettiva ed in assenza di solidarietà, l’oggetto dell’obbligazione è suscettibile di essere suddiviso in modo che ogni debitore possa adempiere la propria parte di debito;
  • indivisibile: l’oggetto della prestazione, per sua natura, non può essere diviso e ciò potrebbe comportare un regime di solidarietà nel caso di più debitori e/o creditori.

Un’altra contrapposizione è quella tra obbligazioni

  • alternative: il debitore può scegliere se adempiere con una delle 2 prestazioni previste, ma non può adempiere con parte dell’una e parte dell’altra;
  • facoltative: la prestazione è unica ma il debitore può adempiere con un’altra preliminarmente individuata (l’esempio scolastico è quello del debitore che deve consegnare un determinato veicolo ma questo si distrugge a seguito di un sinistro per causa non imputabile al debitore stesso; se è preventivamente previsto, il debitore può adempiere consegnando un diverso modello).

Le obbligazioni possono essere anche generiche nel caso in cui la prestazione per l’adempimento sia contenuta all’interno di un genus di cose.

Generalmente le obbligazioni generiche hanno ad oggetto un dare, ma ciò non esclude a priori che possano avere ad oggetto un fare fungibile. Per il tramite dell’operazione di individuazione, le parti, di comune accordo, scelgono all’interno della categoria cosa potrà essere dato o fatto per l’adempimento.

Le più comuni tra le obbligazioni sono quelle pecuniarie le quali hanno ad oggetto una somma di denaro. A questo tipo di obbligazioni si applica il principio nominalistico

Senza addentrarci troppo in questioni giuridiche non molto lineari, detto principio implica che se oggi contraggo un debito di 100 € questa sarà la somma che dovrò dare al creditore a prescindere da possibili fenomeni inflazionistici.

Altra tipologia di obbligazioni sono quelle naturali. Esse trovano la loro fonte nei doveri morali e sociali; questi pur non essendo giuridici e quindi incoercibili, non sono indifferenti all’ordinamento. Questi sono - per sommi capi – i tipi di obbligazione più frequenti.

3. Cosa succede in caso di inadempimento

Il debitore per liberarsi dall’obbligazione deve adempierla. Può accadere – purtroppo soventemente accade - che il debitore sia inadempiente.

Va detto che alla luce della complessità del fenomeno obbligatorio sarebbe corretto parlare di inadempimenti.

Infatti, seppur nella maggioranza dei casi è il debitore l’inadempiente, è possibile che anche il creditore si renda – per certi versi – inadempiente nei confronti del debitore.

Inoltre l’inadempimento può essere: 

  • parziale o totale;
  • definitivo e temporaneo;
  • imputabile e non imputabile
  • nei confronti della parte e nei confronti del terzo;
  • dell’obbligo principale e accessorio;

Il tema è molto vasto e ognuna delle dicotomie elencate meriterebbe una trattazione a sé stante, ma ora dobbiamo preliminarmente esaminare quali sono i rimedi che l’ordinamento prevede nel caso di inadempimento.

I rimedi generali sono tre

  • l’azione di esatto adempimento è l’azione principale in ordine logico perché soddisfa in misura massima l'interesse perseguito dal creditore mediante il
contratto o l’altra fonte dell’obbligazione. Quest’azione è volta a far si che il creditore riceva proprio la prestazione originariamente pattuita con il creditore.
  • Il rimedio della risoluzione - lo inseriamo tra i rimedi generali, anche se non è universale perché non riguarda tutti gli inadempimenti, ma riguarda la gran parte degli inadempimenti e cioè quelli delle obbligazioni previste da contratti a prestazioni corrispettive – vuole liberare il creditore dal vincolo obbligatorio e consentirgli di recuperare le prestazioni che nelle more abbia già posto in essere. L’azione di risoluzione pone problemi di coordinamento con l’azione di esatto adempimento. Infatti l’art. 1453 cod. civ. (il quale disciplina entrambe le azioni) precisa che quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l’altro può scegliere liberamente tra le due azioni; ne deriva che le due azioni hanno un presupposto identico, cioè un identico inadempimento del debitore che frustra l’interesse del creditore. È necessario specificare che l’azione di risoluzione può essere promossa anche se si sia chiesto l’esatto adempimento ma non viceversa, nel senso che chiesta la risoluzione non sarà più possibile chiedere l’adempimento. Ciò trova giustificazione nel fatto che nella prima ipotesi prevale la possibilità per il creditore di liberarsi dal vincola, mentre nel secondo caso si tutela il debitore che ha ricevuto dal creditore una palese manifestazione di disinteresse alla prestazione.
  • Il rimedio risarcitorio (per equivalente o in forma specifica) è volto a compensare il patrimonio del danneggiato per le conseguenze negative prodotte dall’inadempimento. In materia contrattuale è previsto dall’art. 1218 cod.civ.
la terminologia responsabilità contrattuale è chiaramente atecnica. Si tratta di una sineddoche, infatti
 la responsabilità contrattuale descrive con una parte un fenomeno più ampio che comprende non solo la responsabilità da inadempimento di un contratto, ma anche tutte le responsabilità non aquiliane, cioè da inadempimento di qualsiasi obbligazione pur se non da contratto.

Le due forme di responsabilità sono 

  • la responsabilità da inadempimento di un precedente rapporto obbligatorio tra le parti (ad es. alla base c’è un contratto che non è stato adempiuto e ciò genera una seconda obbligazione, (quella risarcitoria); 
  • la responsabilità aquiliana in cui tra le parti non c’è un precedente rapporto obbligatorio ma semplicemente il neminem laedere (le parti non erano in precedenza legate da un rapporto, ma è il fatto illecito che genera l’obbligazione).

Quindi, a norma dell’art. 1218 cod. civ., affinché si faccia valere la responsabilità da inadempimento è necessario dar prova di 5 elementi essenziali

  1. l’esistenza di un credito;
  2. l’esistenza di inadempimento, dove per inadempimento si intende l’inadempimento oggettivo come 
fatto storico della mancata esecuzione della prestazione ovvero come non coincidenza della prestazione con quanto statuito nell’obbligazione;
  3. l’inadempimento soggettivo della colpa, cioè della imputabilità dell’inadempimento stesso; 

  4. la causalità materiale, cioè il rapporto causale tra la condotta del debitore ed l’inadempimento; 

  5. la casualità giuridica, cioè dell’esistenza di un danno che sia la conseguenza diretta ed immediata 
dell’inadempimento.

Pietro Luigi Stellaccio

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