Cosa si intende per danni morali?
Una condotta illecita oltre che causare un danno oggettivo, può generare sofferenze non visibili: in un incidente stradale muore una persona cara. Ora c’è da stabilire chi pagherà i danni patrimoniali per questa sofferenza.
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1. Cosa sono i danni morali?
La definizione di danno morale è compresa nel concetto più ampio di danno non patrimoniale e altro non è che la sofferenza interiore e psicologica di chi ha subìto le conseguenze di un fatto illecito, tra queste: turbamento dello stato d’animo, sofferenza interiore, il pregiudizio arrecato alla dignità o integrità morale.
Tali conseguenze negative devono realmente sussistere e provocare un danno, in quanto in sede di risarcimento ci sarà bisogno di dimostrare:
- che gli interessi lesi siano garantiti dalla Costituzione (ad esempio diritto alla parola o alla libertà personale);
- che la lesione di tali interessi sia grave nel senso che l'offesa vada a superare una minima soglia di tollerabilità;
- che il danno non sia futile e che quindi non si parli di semplici disagi o fastidi, come ad esempio invenzione di diritti immaginari come ad esempio diritto alla qualità della vita o ad avere un coinquilino tranquillo.
Pertanto, tale danno, anche nei casi di lesione di diritti inviolabili, necessita di debita e provata allegazione non riconoscendosi in automatico per il solo fatto che l'evento sia accaduto.
Ad esempio, per il riconoscimento del danno non patrimoniale per la coniuge separata a seguito della morte del suo ex congiunto, c'è bisogno di dimostrare che quel fatto abbia provocato quel dolore e quelle sofferenze morali che sono solite per la morte di una persona cara anche attraverso presunzioni semplici e infatti tale dimostrazione può essere ritrovata nella presenza di un figlio minorenne.
La categoria del danno non patrimoniale, non si identifica con il solo danno morale, ma comprende ogni ipotesi di ingiusta lesione di un valore garantito dalla Costituzione inerente la persona, dalla quale conseguano pregiudizi non suscettibili di valutazione economica.
Vi rientrano, oltre al danno morale, sia il danno biologico che il danno esistenziale. In realtà, il risarcimento del danno alla persona deve essere integrale e cioè ristabilire l'intero pregiudizio senza eccedere nella sua quantificazione.
Il riferimento a varie tipologie di pregiudizio (danno morale, da perdita di rapporto parentale, biologico) rispondono ad una mera esigenza descrittiva in quanto sarà compito del giudice accertare l'effettiva consistenza di quelle conseguenze negative, a prescindere dal nome che ne viene fornito.
1.1 Il risarcimento del danno
I casi in cui è risarcibile il danno non patrimoniale, differentemente dal danno patrimoniale, sono quelli "previsti dalla legge".
Dalla lettura dell'art 2059 del codice civile e dai successivi interventi della Corte di Cassazione si evince che il danno non patrimoniale è anche risarcibile:
- quando il fatto illecito sia configurabile come reato, in quanto lesivo di un qualsiasi interesse della persona tutelato dall'ordinamento, in questo caso, anche senza rilevanza costituzionale;
- quando vi è una fattispecie per la quale la legge consenta un ristoro anche senza ipotesi di reato, come ad esempio nel caso di illecito in tema di trattamento dei dati personali o discriminazione razziale in cui vi è una disciplina specifica.
Il danno morale, per la sua natura, è strettamente collegato all'entità e intensità della sofferenza e quindi il criterio di liquidazione equitativo o tabellare deve avere un adeguato riscontro nel caso concreto (cosiddetta personalizzazione).
Sfugge quindi da una valutazione puramente analitica del giudice che però deve risultare congrua al caso, con una concreta determinazione dell'ammontare che non sia per difetto o eccesso chiaramente sproporzionata.
Il risarcimento del danno patito dai congiunti a seguito dell'uccisione del proprio familiare ad esempio dovrà tener conto dell'intensità del vincolo familiare, della situazione di convivenza, delle abitudini di vita, dell'età della vittima, della presenza di più figli.
1.2 Quantificazione del risarcimento
Per l'ammontare del risarcimento assumono rilievo le cosiddette Tabelle di Milano, ultimamente prescelte dalla Corte di Cassazione quali punti di riferimento universale italiano, che indicano i parametri per la valutazione equitativa del danno non patrimoniale.
Esse non costituiscono dei documenti in senso proprio ma sono piuttosto riconducibili a precedenti giurisprudenziali che le parti possono invocare a sostegno della propria tesi.
Tale scelta è stata mossa dall'esigenza di uniformità risarcitoria in quanto le stesse categorie di danno potevano essere risarciti con quantità estremamente differenti in base al tribunale di competenza.
2. Danno morale vs danno biologico
Il danno biologico, come detto in precedenza è sempre ricompreso nella nozione più ampia di danno non patrimoniale ma a differenza del danno morale, è inteso come la menomazione dell'integrità psicofisica della persona in quanto incide sul valore uomo e non si esaurisce nell'attitudine a generare ricchezza ma si collega alle normali azioni riguardanti il suo ambiente di vita che hanno rilevanza non solo economica ma soprattutto biologica, sociale culturale ed estetica.
Essa necessita di una valutazione medico-legale della persona e consiste nelle ripercussioni negative di carattere non patrimoniale che non rispettano il diritto alla salute. Il danno morale, invece, è risarcibile al verificarsi di presupposti collegati all'entità e intensità della sofferenza.
Nella nozione di danno biologico sono ricomprese le ipotesi di danni "non reddituali" e nello specifico:
- danni estetici;
- danni relativi alla vita di relazione;
- danni da riduzione della capacità lavorativa generica.
Lo stesso viene quantificato in merito al grado di invalidità, temporanea o permanente, che la consulenza medico-legale esprime. Successivamente si effettua un calcolo matematico in base ai criteri delle Tabelle di Milano che sono l'età del soggetto leso, la percentuale e i giorni di invalidità calcolati.
L'errore compiuto dal giudice nella scelta delle Tabelle può essere riformato anche dinanzi alla Suprema Corte.
Fonti Normative
Art. 2059 c.c.
Art. 2 Cost.
Art. 85 c.p.
Cass. civ. S.U. 11 Novembre 2008, n. 26972
Cass. civ. sez III, 20 ottobre 2006, n. 21230
Cass. civ. sez III, 7 giugno 2011, n. 12408
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