Cosa succede se acquisto in buona fede un oggetto rubato?
Acquistare l’oggetto di un reato può comportare una serie di conseguenze negative per l’acquirente, a meno che non sussista la buona fede. Scopriamo i dettagli.
1. L’acquisto in buona fede è regolare in caso di reato?
Una tematica particolare ed estremamente complessa è l’acquisto in buona fede di un oggetto rubato o derivato da un reato. Come bisogna comportarsi se dopo aver comprato un prodotto si scopre che questo è stato oggetto di un furto? La questione principale verte dunque sull’obbligo di restituire la “refurtiva” oppure sull’operatività della buona fede che agisce come scriminante e fa decadere qualsiasi accusa sull’acquirente.
Si tratta di una questione spinosa che non ha una chiara soluzione: ciò deriva dal fatto che sul piano teorico le disposizioni di legge indicano una soluzione, che nella pratica non viene mai realizzata. La legge infatti prevede che si debba restituire la merce rubata o di illecita provenienza, anche se acquistata in buona fede e da rivenditori professionali. Tuttavia una soluzione di questo tipo potrebbe frenare completamente l’economia: le persone inizierebbero a domandare la provenienza degli oggetti, non fidarsi dei prezzi “super scontati”, arrivando fino a rinunciare all’acquisto.
I tecnici del diritto sono perfettamente a conoscenza di queste possibili (e penalizzanti) conseguenze economiche e per questa ragione hanno istituito una regola che interviene e risponde a tale esigenza: possesso vale titolo. Si tratta di un semplice principio per cui al possesso dell’oggetto ne consegue direttamente un titolo giuridico, che si concretizza in un diritto di proprietà. Un principio chiaro che tuttavia è soggetto ad una serie di requisiti, in mancanza dei quali non si concretizza la proprietà sul bene in questione.
2. Quando si può parlare di acquisto in buona fede?
L’acquisto in buona fede di una cosa, oggetto di furto, o di un bene che viene alienato da persona diversa dal reale titolare, è tutelato dal principio “possesso vale titolo”; il funzionamento di questa regola è estremamente semplice, sebbene soggetto ad una serie di requisiti:
- l’acquisto a non domino (ovvero dove il venditore non è il reale proprietario della cosa) è garantito e lecito semplicemente grazie al concreto possesso dell’oggetto;
- l’acquisto deve essere avvenuto in buona fede da parte dell’acquirente;
- deve sussistere un titolo adeguato, come ad esempio il contratto di vendita (non importa che sia scritto o orale).
Questa soluzione offre quindi una risposta efficiente all’annoso problema sopracitato. Perciò, nel caso in cui acquistiate un prodotto, che deriva da reato, a patto che siate in buona fede e che ne entriate in possesso sulla base di un titolo idoneo, non dovrete in alcun modo restituire la cosa. Vi sono degli articoli dedicati che disciplinano tale tematica, ovvero gli articoli 1147, 1153 e seguenti. La legge quindi tutela prevalentemente il compratore, che, in caso di sussistenza dei requisiti sopra indicati, acquisisce la proprietà del bene; al contrario, il proprietario reale si può rivalere sul venditore, senza intaccare in alcun modo la compravendita perfezionata.
Sul punto è intervenuta anche la giurisprudenza con innumerevoli sentenze e provvedimenti, che hanno ribadito in maniera continuata e rigorosa le disposizioni di legge: ad esempio la sentenza n. 13424/2003 della Corte di Cassazione stabilisce che la presunzione di buona fede viene a mancare qualora sia fornita prova della consapevolezza da parte del possessore di ledere l'altrui diritto di proprietà e di godimento del bene comune. Inoltre è la stessa giurisprudenza a stabilire che tale presunzione inizia a decorrere dall’effettivo acquisto del possesso, nonostante la successiva conoscenza della lesione del diritto di proprietà altrui: tale orientamento è stato disposto dalla Corte di Cassazione con la sentenza n.12362/1992, la quale individua la presunzione valida ed efficace sino al momento della proposizione di domanda giudiziale della parte lesa. Questo viene considerato il momento finale della buona fede, poiché il possessore viene effettivamente a conoscenza delle irregolarità e difformità.
Bisogna tuttavia compiere una piccola precisazione: questo principio è valido esclusivamente per i beni mobili non registrati; qualora l’oggetto fosse un immobile o un bene mobile registrato tale problema non sussiste poiché è facile risalire al reale proprietario.
3. I rischi e le conseguenze di un acquisto in buona fede
Questo approfondimento sull’acquisto in buona fede risulta opportuno poiché tale fattispecie può comportare delle conseguenze penali. Conseguenze che derivano unicamente dalla presenza di mala fede e dal dolo dell’acquirente, essendo consapevole del danno altrui. È chiaro che nella maggior parte dei casi l’acquirente non ha idea di aver acquistato l’oggetto di un furto, o di essere in qualche modo destinatario di una truffa: in queste ipotesi infatti l’unica tutela è proprio la buona fede.
Qualora questa mancasse, l’acquirente potrebbe incorrere in gravi conseguenze penali: ad esempio nel caso in cui venga acquistato un oggetto da un venditore di dubbia professionalità (ad esempio un privato) e qualora non venga in alcun modo accertata la legittima provenienza del bene, si può configurare il reato di incauto acquisto, disciplinato dall’art.712 del codice penale. Un reato che si configura ogni volta in cui i sospetti e le perplessità dell’acquirente non sono verificati, per negligenza o imperizia.
Nel caso in cui sussista invece il dolo, ovvero l’intenzione di acquistare, occultare o ricevere denaro o cose provenienti da qualsiasi delitto, comportando un profitto per sé o per altri, si configura il reato di ricettazione. Una conseguenza penale particolarmente gravosa, disciplina dall’art. 648 del codice penale, che viene punita con la reclusione da 2 a 8 anni e con la multa da € 516 a € 10.329.
Fonti normative
Art. 1147 codice civile: possesso in buona fede
Art. 1153 codice civile: effetti dell’acquisto del possesso
Sentenza n. 13424/2003 Corte di Cassazione
Sentenza n. 12362/1992 Corte di Cassazione
Art. 712 codice penale: incauto acquisto
Art. 648 codice penale: ricettazione
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