Cosa fare se si riceve una lettera di recupero crediti?
La ricezione di una lettera di sollecito di pagamento ovvero, a seconda dei casi, una messa in mora è l’inizio della procedura di recupero crediti. Scopriamo insieme i diritti ed obblighi derivanti da tale ipotesi.
1. Cosa è una lettera di recupero crediti?
La lettera di sollecito di pagamento rappresenta la fase inziale di quella attività che mira ad ottenere il pagamento di un credito nei confronti del debitore o, comunque, di colui che è tenuto ad effettuare un dato pagamento, ma, per ragioni varie (difficoltà economiche-dimenticanza), ritarda nel provvedere al pagamento medesimo.
Si tratta di una procedura che trova la propria ratio nella tutela che viene offerta al creditore, al fine di veder saldato il proprio credito e di riscuotere ciò che gli spetta. Va inoltre precisato che la ricezione della lettera di recupero crediti è l’inizio della fase c.d. stragiudiziale, poiché il creditore mira ad ottenere il pagamento senza ricorrere, quanto meno in prima battuta, all’Autorità Giudiziaria (Giudice di Pace, Tribunale). Ciò, nell’intento di evitare da una parte un aggravio di spese che l’azione legale comporta, dall’altra nella “speranza” che un mero sollecito di pagamento possa risolvere brevemente e bonariamente la vertenza creditoria stessa.
Procediamo con un esempio.
La società Alfa, distributrice di prodotti di genere alimentare, fornisce regolarmente la ditta Beta che si occupa, supponiamo, di ristorazione e vendita al pubblico di alimenti e bevande. Ipotizziamo che, in virtù di intese tra le parti, sia previsto un regolamento (pagamento) mensile della merce a mezzo bonifico bancario, diciamo ogni giorno 30 del mese, mentre le singole forniture sono a scadenza settimanale. Orbene, dopo un mese di fornitura è arrivato per la ditta Beta il momento di regolare l’intera posta per un totale complessivo maturato, ipotizziamo, pari ad €. 1.000,00, disponendo con bonifico. Nonostante ciò, i giorni passano e la società Alfa non si vede accreditare sul conto i 1000 euro. Ecco, dunque, che la società Alfa ha maturato un credito per forniture di merce pari ad euro 1000 verso la ditta Beta, che dopo la scadenza concordata per il pagamento non è stato regolato, restando così le fatture insolute (non pagate). Procederà, quindi, attraverso un tentativo di recupero crediti in via stragiudiziale, ossia inviando alla Beta una lettera (racc.ta a/r ovvero a mezzo posta elettronica certificata PEC) di sollecito di pagamento
Il contenuto della lettera, oltre a riportare tutte le generalità, individua con precisione il credito irrisolto, nel caso in esempio le fatture rimaste insolute, (con l’ammontare, eventualmente, degli interessi legali per ritardato pagamento) e un termine per provvedere al pagamento, con l’avvertimento che in mancanza si procederà al recupero in via giudiziale. L’esempio sopra esposto rappresenta solo un caso tra i molteplici che si possono verificare nell’ambito dei rapporti commerciali e non. Si pensi alla bolletta del gas o della luce non pagata; alla rata di finanziamento non pagata per l’acquisto di un’auto o di mobili d’arredamento; il ritardo nel pagamento di un canone di locazione e tante altre ancora.
2. Cosa fare in caso di lettera recupero crediti?
Ovviamente il primo consiglio in caso di ricezione di una lettera di recupero crediti è controllare che il debito pecuniario preteso sia effettivamente dovuto. Ben può capitare, infatti, che in realtà la somma richiesta dal creditore non sia dovuta perché ad esempio già pagata (per cui è sempre bene conservare le ricevute da mostrare in tali evenienze); come pure un errore di calcolo, perché è stato richiesto dal creditore una somma maggiora di quanto sia realmente dovuto; può anche capitare un errore di persona.
In caso contrario, e cioè se la somma pretesa dal creditore sia dovuta, sarà opportuno rivolgersi ad un avvocato professionista (o di fiducia) che vi illustrerà i modi per difendersi o le procedure da seguire per soddisfare il diritto del creditore, invece che incorrere in una procedura esecutiva disposta dal giudice.
Di norma anche lo stesso creditore, specie per crediti ingenti, ben potrà rivolgersi ad una società di recupero crediti oppure ad un avvocato affinché questo rediga una lettera di diffida, con la quale intimi il pagamento; in mancanza di un riscontro o in caso di un’attesa eccessivamente lunga procederà con la richiesta dinanzi al giudice competente di una procedura esecutiva (istanza per decreto ingiuntivo e successivo pignoramento, con esecuzione forzata).
Una volta ricevuto il sollecito di pagamento, il debitore può anche rispondere al creditore mediante lettera/mail/pec, presentando un’offerta transattiva con la quale proporre una dilazione del pagamento ovvero proporre una soluzione a saldo e stralcio, cioè offrire un pagamento immediato, ma ridotto dell’intero importo. È necessario specificare tuttavia che la proposta non costituisce un’ammissione del debito: in caso di ammissione, al contrario, il creditore potrebbe rivolgersi al giudice e richiedere un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo (secondo cui il debito va pagato immediatamente, senza il limite di 40 giorni imposto dal decreto ingiuntivo ordinario).
Anche in questi casi sarà opportuno rivolgersi ad un avvocato, che provvederà a formalizzare la proposta di definizione bonaria. Inoltre, la presenza di un avvocato renderà più agevole ottenere il consenso del creditore alla propria proposta, in quanto chiaro sintomo della serietà delle intenzioni del debitore stesso di voler adempiere.
3. Tipi di sollecito di pagamento
Un creditore può sollecitare in vari modi il debitore al pagamento. I tipi e modelli di sollecito variano a seconda del tipo di obbligazione alla base della pretesa creditoria
Possiamo distinguere brevemente tre tipi, ossia:
- il sollecito di pagamento puro, che rappresenta un modo formale, ma sostanzialmente bonario, per ricordare al debitore (ovvero, come dice la parola stessa, “sollecitare”) un dato pagamento non ancora avvenuto e soprattutto per tentare di definire la vertenza in maniera spedita. Solitamente utilizzata per il pagamento di un debito pecuniario (bollette gas, energia, telefono, fatture commerciali);
- la messa in mora, simile al sollecito di pagamento nella forma, ma di solito alla base vi è un obbligo contrattuale rimasto inadempiuto a date scadenze prefissate, e con cui si invita a regolarizzare entro un certo termine, in mancanza del quale si darà l’avvio di procedure legali. Si pensi ad esempio ai casi dei condomini morosi, cioè coloro che sono inadempienti al pagamento degli oneri condominiali ovvero le rate di un mutuo. L’effetto è la costituzione in mora del debitore, che determina alcune conseguenze in capo allo stesso; in particolare il debitore sarà tenuto a risarcire i danni subiti dal creditore e l’impossibilità sopravvenuta di adempiere alla prestazione grava sul debitore stesso. In alcuni casi la costituzione in mora non è necessaria, e il creditore potrà agire immediatamente, art. 1219 c.c.;
- la diffida ad adempiere è uno strumento simile ai precedenti, ma non necessariamente legato al recupero di un credito pecuniario, per lo più si riferisce ad una prestazione.
Essa, difatti, riguarda i casi di prestazioni corrispettive, e viene utilizzato dalla parte adempiente di un rapporto contrattuale, con la quale quest’ultima intima alla controparte (l’inadempiente) di eseguire la sua prestazione entro un certo termine (di regola non meno di 15 giorni), avvertendola che in mancanza di adempimento il contratto s’intenderà risoluto, salvo il risarcimento del danno. Si pensi alla compravendita di un bene in cui il venditore tarda nell’eseguire la sua prestazione (la consegna del bene venduto). In tal caso l’acquirente può inviare una diffida ad adempiere, dichiarando che in assenza di consegna del bene nel termine indicato il contratto dovrà considerarsi sciolto e, pertanto, si riterrà libera di non procedere al pagamento.
Redatto da: Andrea Mazzola
Aggiornato da: Marco Mosca
Fonti normative
Art. Artt. 1221, 1123, 1219, 1453 e 1454 codice civile
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