Come fare se il proprietario di casa non vuole restituire la caparra?
Capita a tutti di leggere sui giornali o sui social network più famosi, annunci di case in affitto ove il proprietario richiede la cosiddetta caparra, oltre il pagamento del canone mensile. In generale, la caparra, versata all’inizio, deve essere restituita alla scadenza del contratto d’affitto ma non è sempre così.
Della richiesta della caparra, ne sapranno qualcosa tutti gli studenti fuori sede che ogni anno si mettono alla ricerca di una stanza in condivisione o di una casa tutta per sé.
Cosa succede se il proprietario si oppone? Lo studente perde i soldi già versati oppure può recuperare il suo credito?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo prima chiarire in cosa consiste la caparra e qual è la sua funzione.
1. Il deposito cauzionale o caparra
Il contratto di locazione può prevedere in capo all’inquilino (il cosiddetto locatario o conduttore) l’obbligo di versare una determinata somma di denaro al proprietario dell’immobile (il cosiddetto locatore) come garanzia dell’immobile stesso. A fronte del godimento dell’immobile, l’inquilino si impegna a pagare puntualmente il canone concordato, ad eseguire la manutenzione ordinaria e a restituire la casa nelle stesse condizioni in cui gli è stata locata.
La somma di denaro, chiamata deposito cauzionale (cauzione) o impropriamente caparra, serve a garantire il locatore nelle situazioni patologiche del rapporto contrattuale, ovvero in caso di eventuali danni cagionati all’immobile dall’inquilino, nel caso in cui questi decida di andarsene improvvisamente o ancora nel caso in cui non paghi una o più mensilità.
Deve precisarsi che l’obbligo di versare la caparra deve essere espressamente previsto dal contratto. Inoltre, se l’inquilino non versa la caparra, si potrà procedere allo sfratto. Di converso, ove il contratto non preveda alcunché in merito, l’inquilino può rifiutarsi legittimamente di versare la cauzione.
La caparra può essere versata solo una volta e, di regola, viene corrisposta all’atto della stipula. Il locatore e il locatario, tuttavia, possono accordarsi che il versamento avvenga in un secondo momento o sia dilazionato nel tempo.
Potrebbe accadere che il proprietario chieda il versamento di una seconda caparra a garanzia dell’affitto: si tratta di una richiesta assolutamente illegittima. A tutela del suo diritto, il proprietario può semmai richiedere un garante, una fideiussione o il pagamento anticipato di alcune mensilità del canone ma non anche una seconda caparra.
Nell’ipotesi ultima del pagamento anticipato l’inquilino non dovrà pagare i canoni successivi avendoli già corrisposti in precedenza.
Linguaggio comune spesso si utilizzano questi termini come sinonimi, anche sbagliando, ma cerchiamo di fare chiarezza. In alcuni casi capita che, al momento della conclusione di un contratto, le parti convengano che una versi all’altra una somma di denaro e ciò può verificarsi in un momento collocato antecedentemente all’esecuzione del contratto posto in essere. Tale somma potrebbe essere corrisposta a diverso titolo, dunque potrebbe svolgere la funzione di caparra, cauzione oppure acconto.
2. A quanto ammonta la caparra?
Ai sensi dell’art. 11 della legge del 27 luglio 1978, n. 392, il proprietario può richiedere fino ad un massimo di 3 mensilità come caparra. Ne consegue allora che saranno da considerarsi illegittime richieste spropositate - che si vedono in alcuni annunci - di 4 o più mensilità a titolo di caparra.
Vi è, tuttavia, un’eccezione: se, ad esempio, si tratta di immobili di particolare pregio, i contraenti possono concordare un importo maggiorato a condizione che si tratti di una cifra congrua e ragionevole.
3. La restituzione della caparra
Dopo aver chiarito in cosa consiste la caparra e qual è la sua funzione, ora possiamo rispondere alla domanda iniziale.
Alla scadenza del contratto di locazione il proprietario deve restituire all’inquilino la somma, comprensiva anche di interessi legali maturati fino a quel momento.
Accade sovente che il proprietario non voglia restituire la caparra adducendo che l’immobile presenta dei danni. In tale caso, però, egli non può agire arbitrariamente, decidendo appunto di trattenere la caparra come risarcimento danni, ma deve necessariamente adire le vie giudiziali.
Deve essere, infatti, un giudice ad accertare l’esistenza del danno e a determinare il suo ammontare. Di conseguenza, anche in presenza di danni evidenti, il proprietario non potrà trattenere la caparra. In altre parole, egli dovrà restituirla all’inquilino e poi citarlo in giudizio per risarcimento danni.
D’altro canto, l’inquilino potrà agire in giudizio per recuperare il suo deposito cauzionale tramite decreto ingiuntivo.
A ben vedere si tratta di una situazione abbastanza incresciosa per entrambe le parti, sicché è fortemente consigliato rivolgersi a professionisti esperti, quali sono gli avvocati civilisti, che sapranno suggerire la strada più opportuna da intraprendere.
4. Differenze fra caparra e cauzione
La caparra si differenza dalla cauzione poiché essa è un deposito cauzionale, cauzione, che è rappresentata da una somma di denaro che può essere temporaneamente versata all’agenzia immobiliare da parte del futuro conduttore, quale forma di impegno ad una successiva stipulazione di un contratto di affitto.
Giunti al momento di stipula del contratto di affitto la somma versata come caparra dovrà essere restituita al conduttore oppure trasformata in cauzione oppure nella prima mensilità dell’affitto, differenziandosi in questo modo dalla cauzione che a differenza della caparra, pur essendo sempre una somma di denaro versata dal conduttore al locatore, è richiesta nel momento della stipula del contratto a garanzia delle obbligazioni assunte tramite il contratto stesso.
Redatto da: Carla Condoluci
Aggiornato da: Paola Massolo
Fonti normative
Legge del 27 luglio 1978, n. 392: Disciplina delle locazioni di immobili urbani
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