Come sfrattare un inquilino moroso?
L’affittuario che non paga i canoni di affitto è l’incubo di ogni locatore. Oggi chi è proprietario di un immobile ha il diritto difendersi da eventuali inquilini morosi attraverso la procedura di sfratto.
1. L’inquilino moroso e lo sfratto
In caso di affitto non pagato, il proprietario potrà attivare la procedura di sfratto per morosità nei confronti dell’inquilino moroso.
La suddetta procedura potrà essere utilizzata nel caso di immobili urbani sia ad uso commerciale sia ad uso abitativo.
Lo sfratto per morosità è un procedimento volto ad ottenere il rilascio dell’immobile in tempi relativamente brevi rispetto ad una normale causa e con un costo ridotto, inoltre permette l’ingiunzione di pagamento dei canoni arretrati.
Occorrono due condizioni affinché sia possibile “attivare” la procedura di sfratto per morosità:
1. stipulazione e registrazione di un contratto di locazione ad uso abitativo o commerciale: qualora non fosse presente un regolare contratto non si potrà mai procedere allo sfratto con la procedura semplificata. Bensì sarà necessario il rito ordinario per occupazione senza titolo;
2. il canone di affitto non pagato alle scadenze pattuite da parte del conduttore: è di fondamentale importanza ricordare che per dar vita alla procedura di sfratto basta una sola mensilità non pagata in caso di immobili ad uso abitativo. Viceversa, per gli immobili ad uso commerciale, il giudice, secondo i principi di buona fede contrattuale, valuterà “l’importanza rilevante” in relazione all’interesse del locatore. Ad esempio, l’importanza può essere desunta dall’interesse del locatore all’esatto e tempestivo pagamento, dalla volontà manifestata dai contraenti o ancora dalla natura o dalla finalità del rapporto contrattuale.
Qualora si verifichino delle anomalie nel godimento dell’immobile locato, si pensi ad esempio a infiltrazioni, macchie di umidità o crepe, il locatore dovrà in ogni caso versare il canone a meno che non ci sia un successivo accordo ratificato con il locatario per una eventuale riduzione dell’affitto.
Solo quando l’immobile diventa del tutto inutilizzabile a causa di condizioni particolari e gravi (impianto elettrico viziato e pericoloso, grave insalubrità, ecc.) è legittimo sospendere in modo totale o parziale il pagamento senza che il conduttore si possa considerare moroso.
Per quanto riguarda invece le spese condominiali, secondo parte della giurisprudenza, il locatorio può considerarsi moroso anche quando il suo inadempimento è relativo alle spese accessorie. Lo sfratto sarà possibile a condizione che l’inadempimento sia superiore a due mensilità di canone (locazione ad uso abitativo) o che l’inadempimento abbia un’importanza tale da rompere l’equilibrio del contratto (locazione ad uso commerciale).
2. La procedura di sfratto
In genere, nella fase preliminare, il padrone di casa invia una lettera di diffida al locatario con raccomandata a.r. Nella comunicazione di diffida si avvisa il soggetto moroso che, se non adempierà entro un termine stabilito liberamente dal proprietario dell’immobile (in genere 15 giorni dal ricevimento della comunicazione), si procederà per vie legali.
Qualora la diffida non dovesse avere l’effetto sperato si apre il procedimento di sfratto.
La procedura vera e propria inizia con un atto (atto di intimazione) notificato dal locatore al conduttore con il quale gli intima il rilascio immediato dell’immobile e lo cita in giudizio in una data determinata. In tale atto, il locatore può richiedere anche l’emissione di un decreto ingiuntivo per il pagamento dei canoni arretrati.
Questa prima fase può avere esito diverso a seconda che il soggetto moroso:
1. non si costituisca;
2. si costituisca ma senza opporsi al rilascio dell’immobile;
in tal caso il giudice, una volta verificati i presupposti, emette ordinanza con cui convalida lo sfratto. L’ordinanza immediatamente esecutiva costituisce titolo per ottenere il rilascio forzato dell’immobile attraverso l’esecuzione forzata posta in essere dall’ufficiale giudiziario.
Ovvero il locatore notificherà l’ordinanza di sfratto e l’atto di precetto al conduttore. Intimandogli di lasciare l’immobile entro 10 giorni dalla notifica e avvisandolo che in caso contrario si procederà ad esecuzione forzata.
Altri due casi, che fanno riferimento sempre alla prima fase presa in esame, sono in caso in cui il soggetto:
3. si opponesse: in tal caso il giudice non convalida lo sfratto e si chiude la fase a cognizione sommaria “aprendosi” quella del processo ordinario, con tempi relativamente più lunghi. Nel momento in cui muta il rito, da sommario ad ordinario, le parti hanno l’obbligo di tentare la mediazione dinanzi all’arbitrato. Qualora fallisse il tentativo, le parti continueranno il processo dinanzi al giudice (secondo rito locatizio) che si concluderà con la sentenza;
4. si costituisca chiedendo però un termine per pagare: il giudice dà un termine di 90 giorni per sanare il debito e fissa l’udienza entro 10 giorni dopo la scadenza dei 90 giorni concessi.
Il conduttore, per evitare lo sfratto, potrà pagare le somme per cui sussiste la morosità anche prima dell’udienza di comparizione o all’udienza stessa, comprese le spese della procedura (vale solo per la locazione ad uso abitativo). In ogni caso, il giudice non dichiarerà mai la risoluzione del contratto. Se il pagamento non avviene entro i termini prestabiliti viene pronunciato lo sfratto.
Sarà compito del locatore notificare l’atto di intimazione e l’eventuale citazione a mani proprie del conduttore, presso la sua dimora, residenza o domicilio.
Se il conduttore nel contratto ha inserito la volontà di ricevere le comunicazioni presso il proprio domicilio (come ad esempio il luogo di lavoro), saranno valide le notifiche eseguite presso quel luogo.
Se la notifica non è eseguita direttamente dal proprietario dell’immobile, l’ufficiale giudiziario deve spedire al conduttore una raccomandata di avviso dell’avvenuta notificazione, allegando all’originale dell’atto la ricevuta di spedizione.
Fonti Normative
- Codice Civile: art. 1460
- Legge n. 392/1978: articoli 3 – 5 – 6 – 55
- Cassazione Civile: sentenza n. 8637/16
- Cassazione Civile: sentenza n. 74/10
- Cassazione Civile: sentenza n. 24799/08
- Cassazione Civile: sentenza n. 22369/04
- Cassazione Civile: sentenza n. 12527/00
- Cassazione Civile: sentenza n. 12769/98
- Cassazione Civile: sentenza n. 8068/90
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