Clausole vessatorie: cosa sono?
La disciplina sulle clausole vessatorie è posta a tutela dei soggetti che, in considerazione della loro debolezza contrattuale, appaiono esposti al rischio della perpetrazione di abusi da parte di coloro che operano professionalmente sul mercato.
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1. Cosa sono le clausole vessatorie
Le clausole vessatorie sono quelle clausole presenti nei contratti che producono uno squilibrio dei diritti e degli obblighi a danno del consumatore.
La disciplina generale valida per tutte le categorie di soggetti, siano essi consumatori o no, è contenuta nell’art. 1341 del Codice Civile sulle “condizioni generali di contratto” ed è richiamata dal secondo comma dell’art. 1342, in tema di “contratti conclusi mediante moduli o formulari”.
I contratti stipulati secondo queste modalità sono definiti “contratti per adesione” proprio perché sono redatti attraverso strumenti contrattuali standardizzati destinati a regolare in modo uniforme una serie indefinita di rapporti. Essi si caratterizzano per l’impossibilità (o la difficoltà) per il soggetto aderente di trattare o modificare le singole clausole del contratto.
Si pensi alle polizze assicurative predisposte tramite moduli per regolare in maniera uniforme i rapporti assicurativi, o ai contratti di locazione spesso redatti su moduli prestampati, o ancora ai contratti con le compagnie di telecomunicazioni che impongono l’approvazione di condizioni generali di contratto predefinite.
In tutti questi casi, il legislatore ha previsto una tutela specifica per il soggetto che, non potendo discutere le singole clausole, si trova in una posizione di debolezza rispetto a colui che ha predisposto il contratto.
Tale tutela si realizza nella inefficacia di talune clausole particolarmente gravose, dette appunto vessatorie o abusive, le quali non produrranno effetti a meno che l’utente, dopo averle lette e conosciute, le abbia specificamente approvate per iscritto.
1.2 L’elenco contenuto nel Codice Civile
In base al secondo comma dell’art. 1341 c.c., sono vessatorie le clausole contrattuali che stabiliscono dei vantaggi a favore di colui che le ha predisposte, in particolare quelle che:
- stabiliscono limitazioni di responsabilità;
- danno facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l'esecuzione;
- sanciscono a carico dell'altro contraente decadenze;
- limitano la facoltà di proporre eccezioni;
- restringono la libertà contrattuale nei rapporti coi terzi;
- impongono tacite proroghe o rinnovazioni del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria.
Queste clausole tassativamente previste dal legislatore sono inefficaci se non sono specificamente e separatamente approvate per iscritto.
Viceversa, se approvate per iscritto, saranno valide poiché la legge presume che l’aderente le abbia conosciute e abbia assentito al regolamento di interessi venutosi in tal modo a determinare. La sottoscrizione specifica serve quindi, ad attirare l'attenzione del contraente debole sulla posizione di svantaggio che va ad assumersi.
2. Le clausole vessatorie nel Codice del Consumo
Le forme di tutela appena esaminate si rivelano poco incisive nell’ambito dei rapporti relativi agli scambi commerciali, laddove il contraente che aderisce all’accordo è spinto da motivazioni legate al consumo di beni o di servizi, ed è pertanto più incline ad accettare automaticamente un contratto, anche se svantaggioso, pur di ottenere il bene o il servizio desiderato.
Per tale ragione, alla disciplina generale prevista dal Codice Civile, che continua ad applicarsi nelle ipotesi sopra descritte, è stata affiancata una disciplina specifica riguardante le clausole vessatorie nei rapporti tra professionisti e consumatori.
Tale regolamentazione è attualmente contenuta negli artt. 33 e successivi del Codice del Consumo, che, com’è noto, ha riordinato l’intera materia dei diritti dei consumatori, prima disseminata in una congerie di singoli provvedimenti di volta in volta emanati in attuazione delle direttive comunitarie succedutesi nel corso degli anni.
La prima norma da prendere in esame è l'art. 33, che qualifica vessatorie le clausole che malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.
A beneficiare di tale disciplina quindi, è il consumatore da intendersi come la persona fisica che anche se svolge attività imprenditoriale o professionale conclude un qualche contratto per la soddisfazione di esigenze di vita quotidiana estranee all'esercizio di dette attività.
Ciò significa che la nozione di consumatore, ai fini della protezione dalle clausole vessatorie, è correlata ad una particolare attività dell’individuo, e non ad una condizione permanente dello stesso. Ne deriva che un medesimo soggetto può assumere, di volta in volta, la veste di consumatore o professionista a seconda che il contratto che stia sottoscrivendo presenti o meno un concreto un legame con l’attività professionale o imprenditoriale svolta.
Si pensi ad un avvocato che acquisti un personal computer da utilizzare in ufficio, oppure ad uno scultore che stipuli un contratto di trasporto di opere d’arte per la partecipazione ad un concorso: in questi casi i professionisti che acquistano, rispettivamente, il bene e il servizio, operano al di fuori del loro specifico settore di competenza e sono quindi soggetti alla tutela del codice del consumo.
Esula, invece, dalla citata disciplina il caso dell’agente di commercio che acquisti un’autovettura per raggiungere i propri clienti.
2.1 La verifica della vessatorietà
Il legislatore individua tre tipi di clausole vessatorie:
- quelle di cui il giudice dovrà verificare la vessatorietà in quanto determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto;
- quelle che si presumono vessatorie sino a prova contraria: l’art. 33, comma 2, prevede un lungo elenco di clausole appartenenti a questa categoria (c.d. lista grigia) fra cui rientrano, ad esempio, le clausole volte ad escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di danno (o morte) alla persona del consumatore dovuta ad un'azione o omissione dello stesso; quelle volte a limitare o a escludere le azioni o i diritti del consumatore nei confronti del professionistain caso di inadempimento (totale o parziale) o di adempimento inesatto; le clausole che consentano al professionista di recedere da contratti a tempo indeterminato senza un ragionevole preavviso, tranne nel caso di giusta causa; ecc.
- quelle considerate dalla legge vessatorie senza che sia possibile fornire prova contraria (art. 36: d. lista nera)
Quando non sia la legge stessa a definire vessatoria una clausola il giudice dovrà valutarne la vessatorietà tenendo conto della natura del bene o del servizio oggetto del contratto e facendo riferimento alle circostanze esistenti al momento della sua conclusione ed alle altre clausole del contratto medesimo o di un altro collegato o da cui dipende.
Ciò non vuol dire che il giudice debba valutare l'equilibrio economico delle prestazioni o decidere circa la determinazione dell'oggetto del contratto, poiché se così fosse si violerebbe l'autonomia contrattuale delle parti. In altre parole, lo squilibrio che si vuole evitare è giuridico e non economico.
Il giudice inoltre dovrà valutare se la clausola sia stata formulata in modo sufficientemente chiaro e comprensibile, stabilendo il parametro del consumatore “meno avveduto” (e non quello “medio”) alla cui stregua effettuare tale valutazione.
Ai sensi dell’art. 34 c. 4, non sono vessatorie le clausole che siano state oggetto di trattativa individuale.
Laddove quest’ultima vi sia stata infatti, la legge presume che il consumatore abbia avuto la possibilità di determinare liberamente il contenuto dell’accordo, esercitando la sua autonomia negoziale. A questa regola, fa eccezione la lista contenuta nell’art. 36, che, come visto, indica le clausole tassativamente affette da nullità, anche se oggetto di trattativa individuale di cui il professionista abbia fornito la prova.
2.2 La nullità di protezione
Uno dei principali meriti della normativa in esame è stato l'introduzione di una tutela sostanziale, che si è aggiunta alla tutela meramente formale offerta dalla tuttora vigente disciplina del codice civile in materia di condizioni generali di contratto. Tale tutela si sostanzia nella nullità delle clausole di cui sia stata accertata la vessatorietà.
Si tratta di una nullità parziale, che investe esclusivamente la singola clausola, mentre il contratto rimarrà valido per il resto.
Ciò ha la funzione di tutelare più efficacemente il consumatore, che dall’invalidità dell’intero contratto potrebbe ricevere un danno anziché una tutela, in ragione dell’esigenza che lo stesso ha di procurarsi i beni e i servizi oggetto dell’accordo.
Nei contratti dei consumatori vige quindi un principio di conservazione del contratto, che garantisce solo l’eliminazione delle clausole vessatorie, salvando l’assetto di interessi complessivo regolato dal contratto.
L’art. 36 ammette inoltre che la nullità di protezione possa essere rilevata d’ufficio dal giudice. Anche tale previsione ha una funzione protettiva e cioè quella di tutelare il consumatore anche sul piano processuale poiché la sua posizione di soggetto debole potrebbe non consentirgli, nel corso di un giudizio, di eccepire la nullità del contratto o di parte di esso.
Gabriella Napolitano
Fonti normative
Codice civile, artt. 1341 e 1342
D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo)
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