Certificato medico falso: cosa si rischia?

Chi emette certificati medici falsi rischia spiacevoli conseguenze: vediamo quali sono e come evitarle.

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1. IL CERTIFICATO MEDICO: COS’E’, QUAL E’ LA SUA FUNZIONE E QUALI SONO I SUOI REQUISITI

Chi di noi non ha mai richiesto e ricevuto un certificato medico.
Innanzitutto, è bene chiarire cosa sia un certificato medico: secondo la definizione più appropriata, il certificato medico è un atto scritto che dichiara conformi a verità fatti di natura tecnica, dei quali il certificato è destinato a provare l’esistenza.
Viene rilasciato dal medico di base o dal medico legale, a seconda delle situazioni. L’articolo 24 del codice deontologico sottoli­nea che il medico è tenuto a rilasciare al cittadino certificazioni relative al suo stato di salute che attestino dati clinici direttamente constatati (altrimenti s’incorre nel reato di falso ideologico) ed oggettivamente documentati.
Egli è tenuto alla massima diligenza, alla più attenta e corretta registrazione dei dati ed alla for­mulazione di giudizi obiettivi scientificamente corretti. Inoltre, il medico non può rifiutarsi dal rilasciare un certificato che attesti fatti da lui direttamente obiettivati sul richiedente nell’esercizio della sua professione, qualunque sia l’uso per il quale il certificato è richiesto. Giova precisare che ciò che viene attestato con il certificato medico fa fede fino a prova contraria.

I requisiti che il certificato deve possedere sono di natura formale (ricettario o modulistica specifica) e sostanziale (veridicità, completezza e chiarezza).

2. IL CERTIFICATO MEDICO FALSO: LE CONSEGUENZE ALLA LUCE DELLA NUOVA NORMATIVA E DELLA GIURISPRUDENZA

Reati per il medico che attesta e per il paziente che dichiara una malattia non esistente.
Le ipotesi in cui si commette il reato di falso. Spesso, quando si arriva a falsificare un certificato medico, è per ottenere qualche giorno di assenza dal lavoro. Attualmente, per fortuna, questa prassi viene fermamente combattuta dall’INPS che pretende l’invio telematico, da parte del medico curante, dell’attestazione di malattia, evitando, pertanto, la consegna al datore di lavoro di documenti non originali.

Purtroppo non sempre le cose vanno così come descritte e, al fine di eliminare qualsiasi tentazione da parte dei furbetti del certificato, la Suprema Corte di Cassazione, con una recente sentenza (cfr. Cassazione Civile, sez. Lavoro, sentenza n. 24872/19), ha affrontato il tema del certificato medico falso.

2.1 CERTIFICATO FALSO E LICENZIAMENTO. LA FALSA MALATTIA

Nello specifico, la sentenza di cui sopra aveva ad oggetto un licenziamento per giusta causa a seguito della presentazione al datore di lavoro di certificati medici per malattia dei quali il medico aveva disconosciuto la provenienza.
Secondo i giudici supremi, il comportamento del dipendente che taroccò un certificato medico, dichiarando di essere malato per non lavorare, è da considerarsi sleale. In quanto tale, mina irrimediabilmente il rapporto di fiducia con il datore e può comportare, quindi, il licenziamento in tronco.

Al comportamento sopra descritto può essere equiparato quello della falsa malattia (ad esempio, colui che viene sorpreso dagli ispettori mentre svolge un secondo lavoro o mentre compie un’attività incompatibile con la patologia) attestata dal medico su un certificato autentico (cfr. Cassazione Civile, sentenza n. 7641/19).
Ne consegue che una simile condotta non può che comportare il licenziamento del dipendente per giusta causa.
Rimanendo sempre nell’ambito della falsa malattia, si segnala anche un’altra recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n, 17113 del 2019 e cfr. sentenza n. 21616/2019, avente ad oggetto il licenziamento per giusta causa di un dipendente per essersi assentato dal lavoro per due giorni, fingendo una malattia. In questo caso, infatti, il datore di lavoro ha contestato l’assenza ingiustificata dal lavoro ma anche la simulazione di uno stato di malattia.

E questo comportamento, secondo gli ermellini, volto alla lesione del rapporto fiduciario di lavoro, è talmente grave da giustificare il licenziamento, dal momento che il soggetto ha posto in essere comportamenti incompatibili con lo stato di malattia dichiarato nel certificato (era stato trovato alla guida di un’automobile).
Ed ancora, sempre in materia di certificato di malattia falso, si segnala un’altra pronuncia recente della Corte di Cassazione del 31 ottobre 2019, sentenza n. 44578, avente ad oggetto il caso di un dipendente che aveva fatto credere di avere una malattia ottenendo un certificato di malattia di n. cinque giorni (nello specifico, si trattava di un’infiammazione al ginocchio guaribile stando rigorosamente a riposo).
Peccato che la visita medica non era mai avvenuta fisicamente ma solo tramite telefono con descrizione dei sintomi al medico. Quest’ultimo, in buona fede, gli aveva prescritto il periodo di riposo. La cosa grave della questione è che il dipendente, la sera del quarto giorno di assenza dal posto di lavoro, era stato sorpreso a mangiare in una pizzeria e a ballare (come si fa a ballare se si ha una forte infiammazione al ginocchio???).

Questo piccolo esempio per cercare di spiegare le conseguenze di un simile comportamento così come interpretate dalla Suprema Corte, ovvero:

  1. il lavoratore, attraverso una falsa descrizione della malattia, ha portato il medico a sbagliare in buona fede la diagnosi;
  2. questo comportamento evidenzia la presenza del reato penale di falso ideologico compiuto dal dipendente;
  3. Il fatto che il medico non abbia effettuato direttamente l’accertamento dello stato di salute del lavoratore, ma si sia limitato a prendere per buone le sensazioni descritte dal paziente, non consente di escludere l’inganno, e quindi la falsità del documento emesso;
  4. il comportamento del lavoratore che utilizza un falso certificato medico anche per giustificare l’assenza retribuita dal luogo di lavoro, dimostra la presenza del reato di truffa.

Pertanto, sulla base delle motivazioni su addotte dalla Corte di Cassazione, il lavoratore è stato ritenuto colpevole di entrambi i reati.

3. COSA RISCHIA IL MEDICO E COSA RISCHIA IL PAZIENTE

Un esempio di rischio di falso ideologico anche in altri ambiti operativi. Ulteriori spunti di riflessione.

In relazione alle conseguenze alle quali va incontro il medico che falsifica un certificato, giova precisare che lo stesso, attestando di aver visitato il proprio assistito e di aver rilevato una malattia, commette il reato di falso ideologico (art. 479 c.p.).
Sulla base di quanto prescritto dall’articolo su citato, il medico, essendo un pubblico ufficiale, viene punito in maniera più aspra rispetto ad un privato: infatti, la pena prevista è la reclusione da uno a sei anni.
Per quanto concerne la condotta del paziente, se costui, avendo ricevuto un certificato originale dal proprio medico, lo modifichi successivamente, commette il reato di falso materiale in atto pubblico rischiando la pena di due anni di reclusione (cfr. Cassazione penale, sez. V, sentenza del 22/10/2018, n. 55385).

Infine, commette il reato di falsità materiale, anche il privato che forma una ricetta falsa su carta intestata di un medico con prescrizione, ad esempio, di una sostanza con principio attivo di natura stupefacente.

3.1 Falso ideologico

Il legislatore distingue tra falsità ideologica e falsità materiale.
Il falso ideologico si ha in ogni caso in cui il documento, non contraffatto né alterato, contenga dichiarazioni mendaci, che il legislatore indica con l’espressione <attesta falsamente> . La falsità ideologica riguarda quindi il contenuto, e non la forma del documento.
Le falsità ideologiche, per essere sottoposte a pena, oltre alla rilevanza giuridica richiedono anche che l’autore del falso sia venuto meno all’obbligo giuridico di attestare o far risultare il vero.

3.2 Falso materiale

Il legislatore nell’indicare il falso materiale utilizza le espressioni <contraffare> e <alterare> .
Il falso materiale può presentarsi infatti in due forme:

  • nella contraffazione, che si ha quando il documento è emesso da una persona diversa da quella da cui apparentemente esso risulta provenire;
  • nella forma dell’alterazione, che si ha quando al documento siano state apportate modifiche di qualsiasi specie (come aggiunte, cancellature), successivamente alla sua redazione.

Le falsità materiali sono sempre punibili, se giuridicamente rilevanti.

In tema di attualità e di vita quotidiana, si segnala una sentenza recente della Suprema Corte di Cassazione penale, sez. V, del 22 gennaio 2019, sentenza n. 8713, avente ad oggetto il compimento del reato di falso ideologico in atto pubblico in capo al medico accertatore che rilascia un certificato attestante il possesso dei requisiti psicofisici richiesti per il conseguimento della patente di guida, in assenza di visita.
Infine, per curiosità e come spunto alla riflessione, si indica una pronuncia della Corte di Cassazione penale, sentenza del 19.01.2018, n. 2297/18, che, a prima lettura, potrebbe lasciare un po’ disorientati.
In sintesi, la pronuncia di cui sopra ha ad oggetto il comportamento di un soggetto che ha falsificato la fotocopia di un certificato.

4. FALSIFICARE UNA FOTOCOPIA DEL CERTIFICATO

A questo punto, scatta la prima domanda: falsificare la fotocopia di un certificato è reato?
A primo impatto, verrebbe istintivo rispondere affermativamente, in quanto si falsifica comunque un certificato.
Ed invero, leggendo bene la sentenza, si capisce che il soggetto in questione aveva falsificato un documento proveniente dal Comune ma che, in realtà, non esisteva!
Quindi, non esistendo un originale del documento in oggetto, la fotocopia di un documento inesistente non integrerebbe il reato di falso materiale!
Si legge nella sentenza: il reato di falso scatta solo quando si falsifica il documento in originale, ma non la sua copia; non integra il delitto di falsità materiale la condotta di colui che esibisca la falsa fotocopia di un documento (esistente o meno in originale) al fine di conseguire un qualche vantaggio, qualora si tratti di fotocopia esibita ed usata come tale dall’imputato.

Infatti, continua la Corte, la disciplina sulla falsità materiale è volta a reprimere la contraffazione o l’alterazione dei soli documenti originali, non anche la condotta di colui che utilizzi le riproduzioni di un documento, quando, per le modalità e le circostanze dell’uso, sia chiaro che si tratti di una fotocopia (comunque realizzata) dallo stesso.
Detto questo, non si deve, però, cadere in equivoci: infatti, quando i giudici dicono che una determinata condotta non costituisce uno specifico reato non significa che non possa invece, nello stesso tempo, integrarne un altro, magari meno grave, ma comunque implicante la possibilità di una querela e di un procedimento penale.

Così, se la persona che ha creato un documento falso ha utilizzato artifici e raggiri per far cadere l’altra persona in errore, e da tale attività ne ha tratto un profitto, commette comunque il reato – altrettanto grave – di truffa (art. 640 c.p.). Ecco perché, a volte, è molto importante, quando si procede penalmente contro una persona, inquadrare il capo di imputazione corretto.

 

Fonti normative: 

Codice penale: articoli 476 e seguenti c.p. 

Cass., sentenza 8925/15

Cass., sentenza 12401/2010

Cassazione Civile, sez. Lavoro, sentenza n. 24872/19

Art. 24 codice deontologico

Suprema Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n, 17113 del 2019 e cfr. sentenza n. 21616/2019

Suprema Corte di Cassazione penale, sez. V, del 22 gennaio 2019, sentenza n. 8713

Cassazione Civile, sentenza n. 7641/19

Corte di Cassazione del 31 ottobre 2019, sentenza n. 44578

Cassazione penale, sez. V, sentenza del 22/10/2018, n. 55385

Corte di Cassazione penale, sentenza del 19.01.2018, n. 2297/18

 

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