Il ruolo di Facebook nel divorzio

Nella sentenza in oggetto, oltre la tragicità del divorzio in sé (soprattutto per il fatto che ne sono coinvolti quattro figli), è interessante notare il ruolo che Facebook ha ricoperto nell’intera vicenda.

La vicenda

Riassumendo la vicenda scatenante, il marito (R.S.) viene a conoscenza del tradimento della moglie (S.M.) proprio tramite Facebook. La moglie, infatti, pubblicava sul proprio profilo diverse foto provocanti, intrattenendo conversazioni con quello che si è scoperto essere l’amante.

Ma non è tutto qui: S.M., dopo aver lasciato il tetto coniugale per vivere con l’amante, ha cominciato a pubblicare diversi contenuti «pubblicizzando tale relazione sui social con modalità umilianti ed ingiuriose per il marito, il quale riceveva numerose telefonate e messaggi da amici e conoscenti».

Il fatto, come da sentenza, è stato considerato utile per la configurazione di un danno endofamiliare e la pronuncia delle conclusioni.

Il ruolo di Facebook

Non entrando prettamente nel merito della vicenda, è interessante notare il ruolo fondamentale assunto dalla piattaforma: benché lo schermo di un computer o di uno smartphone possa conferire all’utente una qualche sensazione di impunità – e questo è un sentimento condiviso dalla maggior parte degli utenti – ritengo ingiusto operare una separazione tra vita reale e virtuale.

Un social network può essere utilizzato per i motivi più diversi (si va dal divertimento alla promozione professionale) e in modo più o meno assiduo. 

Tuttavia, ormai è cristallino il suo rapporto intrinseco con la vita di tutti i giorni, tanto da entrare nelle aule di tribunale.
In questi termini, la sensazione di impunità è figlia di una mancanza di consapevolezza riguardo la potenza del mezzo utilizzato. 

Questa sentenza, come molte altre del resto, è una conferma di quanto appena asserito.

Emanuele Secco, Giuridica.net

Il testo integrale della sentenza è stato tratto da iltuoforo.net, la banca dati della Giurisprudenza di Merito italiana.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI RAVENNA
SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
dott. Antonella Allegra
dott. Alessandra Medi
dott. Letizia De Maria
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1100/2016 promossa da:

R.S., con il patrocinio dell’avv. P. A., elettivamente domiciliato nel suo studio, in C. N.29 Ravenna

RICORRENTE

contro

SM.,

RESISTENTE CONTUMACE

E CON L’INTERVENTO DEL PUBBLICO MINISTERO

CONCLUSIONI

La difesa del ricorrente ha concluso come da verbale d’udienza di precisazione delle conclusioni.

Il P.M. ha successivamente concluso

MOTIVI IN FATTO E DIRITTO

Con ricorso depositato in data 24 marzo 2016 R. S. ha chiesto che questo Tribunale pronunciasse la separazione personale dal coniuge S. M., con la quale aveva contratto matrimonio in Forlì il 22 gennaio 2005, trascritto nel Registro degli atti di matrimonio del predetto comune, anno 2005, parte I, n 12 esponendo che dall’unione non erano nati quattro figli: S., M., T. e K.

Deduceva il ricorrente che la moglie fin dal giugno 2013 aveva intrattenuto una relazione extraconiugale con tale D. G., con il quale andava a convivere il 5 dicembre 2013, pubblicizzando tale relazione sui social con modalità umilianti d ingiuriose per il marito, il quale riceveva numerose telefonate e messaggi da amici e conoscenti; che la sua condotta l’aveva costretto a sporgere querela; che in seguito a tali circostanze era stato promosso d’ufficio un procedimento presso il Tribunale per i Minorenni di Bologna nel corso del quale i minori erano stati affidati al Servizio Sociale; che i bambini erano affidati alle esclusive cure del padre (stante il disinteresse e l’assenza della madre), il quale era coadiuvato da una vicina di casa e supportato dal Servizio, che l’aveva ritenuto idoneo ad occuparsi dei minori.

Chiedeva quindi che la separazione fosse pronunciata con addebito alla moglie e l’affidamento esclusivo dei figli minori e loro collocamento presso il padre con previsione delle visite della madre come ritenute opportune, e un contributo da parte di quest’ultima di un contributo mensile per i minori di 200 euro per ciascuno, nonché l’assegnazione della Casa familiare e risarcimento del danno endofamiliare.

All’udienza del 13 ottobre 2016 dinanzi al Presidente compariva il solo ricorrente e, non potendo tentare la conciliazione delle parti, il Presidente, appunto, autorizzava i coniugi a vivere separati, confermando, in via provvisoria, i provvedimenti del Tribunale per i Minorenni e rimetteva le parti dinanzi al G.I. Interveniva in giudizio il P.M. Nonostante la rituale notifica della memoria integrativa e del verbale presidenziale neppure in tale fase la M. si è costituita né è comparsa personalmente.

Le circostanze addotte dal ricorrente, la separazione di fatto già protrattasi, il totale disinteresse della resistente al giudizio al quale non ha mai preso parte neppure di persona, nonché l’insistenza nella domanda di separazione confermano l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza fra i coniugi.

Sulle conformi conclusioni del P.M. va quindi senz’altro dichiarata la separazione personale fra i coniugi, per essere divenuta intollerabile la convivenza.

Non vi è dubbio poi che la causa di tale intollerabilità e della crisi matrimoniale sia imputabile alla condotta della moglie, la quale, violando platealmente il dovere di fedeltà (e pubblicizzando sui social network la propria relazione), allontanandosi dalla casa familiare e disinteressandosi del marito e dei quattro figli minori (il più grande dei quali è nato nel 2005 e aveva all’epoca otto anni) è venuta meno ai fondamentali doveri di solidarietà morale e materiale nei confronti del coniuge e della prole.

Di ciò è emersa ampia conferma in atti dalla documentazione, dalle relazioni dei Servizi Sociali agli atti (dai quali emerge la condotta inaffidabile della madre e l’ovvia difficoltà del padre a gestire i minori) e dalla testimonianza di N. S., il quale ha dichiarato: «Confermo che avevo cominciato a sospettare che le cose fra i coniugi non andassero bene perché notavo che su Facebook S. metteva proprie foto in abiti provocanti e ne parlai anche con R., il quale sembrava non meravigliarsene fino a quando un giorno venne in palestra e scoppio a piangere dicendo che la moglie era andata via di casa. Da allora vidi che su Facebook S. comunicava con un certo D. R., che poi scoprì essere il suo amante. Tengo a precisare che io provai a parlare con S. e le dissi che se non voleva più stare con R. almeno si preoccupasse dei figli, ma lei rispose di essere innamorata e di non voler più stare in quella casa. Da allora, inizialmente non la vidi più nemmeno in palestra, successivamente, dopo un anno, ha ricominciato a venire in palestra per prendere i bambini e riportarli a casa. Di norma, invece, vedevo il padre di R. che, per quanto mi è stato detto, si è trasferito in casa sua insieme alla moglie per aiutare il figlio, il quale veniva a prendere i bambini in palestra.»

A fronte di tali inequivocabili circostanze non vi è prova che altre siano state le cause della crisi del matrimonio fra le parti.

Venendo all’affidamento dei minori, affidati dal Tribunale per i minorenni al Servizio Sociale, va osservato che da una lettura del decreto del Tribunale minorile suddetto del 7 aprile 2014 e dalle relazioni del Servizio emerge inequivocabilmente che l’affidamento al Servizio fu verosimilmente disposto a causa della complessa situazione creatasi per il fatto che con i coniugi vivevano, oltre ai quattro figli, anche la figlia maggiore della M., nata da un precedente matrimonio e con la quale, a seguito dell’abbandono da parte dell’odierna resistente, si erano creati gravi problemi. Risulta peraltro che la ragazza, ora maggiorenne, viva con la nonna, mentre dalla relazione del Servizio più recente (datata 18 ottobre 2017 e inviata a questo Tribunale il 19 gennaio 2018) si dà atto che , contrariamente alla madre "il padre si è mostrato sempre molto coinvolto nell’organizzazione familiare avendo ben presenti i bambini e le loro esigenze" e che egli (nonostante qualche comprensibile brusco comportamento) è risultato ad una consulenza specialistica del CSM "persona normale in assenza di note psicopatologiche".

Grazie all’intervento del Servizio il padre è stato coadiuvato da una famiglia del territorio, che ha ospitato frequentemente i minori per i compiti fungendo da punto di riferimento per ogni imprevisto, anche se nella relazione del Servizio si dà atto che la madre è successivamente intervenuta garantendo la copertura di tre pomeriggi.

Il Servizio ha quindi concluso che il S. rappresenta la figura di riferimento stabile nella quotidianità dei bambini, mentre si riconosce alla madre una presenza più saltuaria inevitabilmente legata alle travagliate vicissitudini personali.

Quanto sopra basta per ritenere che l’affidamento dei minori debba essere demandato in via esclusiva al padre, essendo venuto meno il momento di crisi più acuta che ha giustificato l’affidamento al Servizio, che pure continuerà ovviamente a coadiuvarlo, mentre la presenza della madre - sebbene non affidabile e saltuaria - va comunque favorita e mantenuta nell’interesse dei minori a mantenere il legame con tale ineliminabile figura, in maniera il più possibile costante in vista del loro armonico e sereno sviluppo.

Sarà il Servizio Sociale a predisporre un calendario degli incontri madre - figli, indicativamente da tenersi presso la loro abitazione a supporto delle attività di studio e comunque con modalità non disturbanti e di ausilio ai bambini e al menage familiare.

Quanto al mantenimento, nonostante dalla relazione del Servizio risulti anche lo stato di disoccupazione della M., va accolta la domanda di costituzione di un assegno in capo alla madre, sia perché lo stato di disoccupazione in sé non giustifica l’assenza di un sia pur minimo contributo in favore di ben quattro figli, sia perché è verosimile che la donna abbia svolto attività regolarizzate (come riferito dal S., ella avrebbe svolto attività di badante in nero). Appare congruo allo stato un importo di almeno 100 euro per ciascun bambino, pari a 400 euro in totale, oltre al 50% delle spese straordinarie come da Protocollo in essere presso questo Tribunale. La Casa familiare va assegnata al padre che vi abita con i figli, ai sensi dell’art. 337 sexies c.c. Non è stata reiterata nella memoria integrativa la richiesta di danni, da ritenersi in questa sede abbandonata.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo ai sensi del DM 55/2014.

P.Q.M.

Il Tribunale, disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, dichiara la separazione personale di R. S. da S. M. , avendo gli stessi contratto matrimonio in FORLI' il 22 gennaio 2005, trascritto nel Registro degli atti di matrimonio del predetto comune, anno 2005 parte I, n 12; dichiara la separazione addebitabile alla moglie S. M.; affida in via esclusiva al padre R. S., i figli minori S., M., T., K., con il supporto e la sorveglianza del Servizio Sociale che predisporrà il calendario e le modalità con le quali la madre, S. M. potrà incontrare i figli (come da motivazione); assegna al S. la casa familiare sita in Ravenna , frazione San Pietro in Vincoli, C. M., 1; pone a carico della madre M. S. un contributo al mantenimento dei figli minori di 100 euro per ciascuno, per 400 euro mensili, da corrispondersi al S., oltre al 50% delle spese straordinarie come da Protocollo in essere presso il Tribunale di Ravenna; condanna la resistente M. a rifondere al S. le spese.

Di lite che liquida in complessivi euro 2.100, 00, oltre a spese forfettarie, IVA e c.p.a. come per legge.

Ravenna, 24 luglio 2018

Il Presidente est. dott. Antonella Allegra

Avvocato Avvocatoflash Team

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