Politica ambientale in Europa

Tra le recentissime priorità della legge di Bilancio 2020 varata dal secondo governo Conte spiccano proprio le misure di carattere ambientale. Vediamo nel dettaglio le nuove norme europee per l’ambiente

politica ambientale europea

1. Un primo excursus storico

La cura e la difesa dell’ambiente furono oggetto di attenzione e di intervento governativo e amministrativo fin da epoche antiche per fronteggiare emergenze e per tentare di eliminare completamente gli effetti indesiderati legati alle attività umane. Oggi la protezione dell'ambiente rappresenta una delle grandi sfide per il nostro continente e rientra tra gli obiettivi principali dell’Unione Europea che si è impegnata a lottare contro i problemi ambientali su scala planetaria e seguendo una strategia ben determinata. 

In origine i trattati istitutivi delle Comunità Europee, ovvero i c.d. Trattati di Roma del 1957, non prevedevano alcuna forma normativa per la tutela ambientale. In quella fase, infatti, le parti contraenti non ritenevano necessaria una politica ambientale comune: il pericolo non era ancora tangibile e ben più urgenti vennero ritenute altre politiche, come, ad esempio, quella agricola ed industriale. 

Negli Anni 70 e 80 del Novecento davanti alle nuove emergenze ambientali la politica europea era caratterizzata da un approccio prevalentemente di tipo conservativo e di tutela, infatti, nel 1972, in occasione del Consiglio europeo tenutosi a Parigi, dove i capi di Stato dichiararono la necessità di una politica comunitaria in materia di ambiente che accompagnasse l'espansione economica, chiesero un programma d'azione con il quale fu riconosciuta l'urgenza di istituire delle regole comuni in materia ambientale: da quella data sono entrate in vigore più di 200 disposizioni legislative comunitarie sull'argomento. 

Dopo il disastro di Chernobyl e con l’arrivo degli anni 90 si è andato lentamente introducendo un approccio di sistema incentrato sulla complementarietà, ovvero che i processi industriali, così come quelli legati alla filiera agricola, sulla questione energetica non potessero più prescindere dalla variabile ambientale. 

Il trattato di Maastricht (firmato il 7 febbraio 1992  ed entrato in vigore il 1º novembre 1993) ha fatto si che l’ambiente diventasse un settore ufficiale della politica dell'UE introducendo la procedura di codecisione e stabilendo come regola generale il voto a maggioranza qualificata in seno al Consiglio. In tal modo nacque un’impostazione declinata anche a livello di programmi e fondi strutturali che sempre di più hanno nell’innovazione green nell’eco-efficienza ed eco-compatibilità un elemento trasversale sul quale puntare anche attraverso la comunicazione e partecipazione della società civile e, di conseguenza, con la creazione di un’opinione pubblica sempre più consapevole.

2. Politica ambientale: principi generali e quadro di riferimento

Otto leggi ambientali su dieci provengono da direttive dell’Unione europea. Senza le sue istituzioni gli obiettivi dell’accordo di Parigi sul clima (un compromesso tra gli Stati membri della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici riguardo la riduzione di emissione di gas serra, a partire dall'anno 2020) sarebbero rispettati in modo scoordinato e discontinuo dagli Stati. 

L’UE negli ultimi cinque anni è stata decisiva nella lotta alle conseguenze deleterie del cambiamento climatico. Negli ultimi anni sono tanti i provvedimenti “verdi” approvati dalle due camere dell’Unione, che funzionano come le nostre Senato e Camera, ovvero il Parlamento europeo e il Consiglio, l’organo che riunisce di volta in volta i ministri dei 27 Stati membri in base alle varie tematiche da affrontare.

L'Unione ha legiferato in una prospettiva settoriale, coprendo i seguenti ambiti: 

  • protezione civile;
  • sviluppo sostenibile;
  • lotta contro il cambiamento climatico;
  • protezione della natura e della biodiversità
  • gestione dei rifiuti.

Proprio in relazione a quest’ultima tematica l'Unione Europea ha creato un quadro normativo completo ed esaustivo che mira a garantire: 

  • un utilizzo razionale delle risorse necessarie per gestire i rifiuti
  • la prevenzione dei rischi alla salute dei cittadini
  • incentivi al riciclo.

Tra gli obiettivi delle nuove direttive è previsto il riciclo entro il 2025 per almeno il 55% dei rifiuti urbani (60% entro il 2030 e 65% entro il 2035) e parallelamente si vincola lo smaltimento in discarica

I rifiuti tessili e i rifiuti pericolosi, come vernici e pesticidi, dovranno essere raccolti separatamente dal 2025 e i rifiuti biodegradabili dovranno essere obbligatoriamente raccolti separatamente o riciclati attraverso il compostaggio. 

Ma l’Unione europea non si occupa solo di nuove leggi ma anche di rivalutare quelle già approvate. Entro il 5 luglio del 2020 gli Stati membri dovranno attuare quattro direttive entrate in vigore circa un anno fa. Perciò è di fondamentale importanza avere strumenti che diminuiscano la distanza tra Commissione e opinione pubblica al riguardo delle politiche e strategie di sviluppo sostenibile che sembra essere un’esigenza oggi sempre più sentita dalla stessa Commissione, che per questo agisce su molteplici fronti: 
  • maggiore regolamentazione dell’attività di lobbying (inteso come associazionismo); 
  • campagne di informazione e sensibilizzazione
  • partecipazione alla diffusione di una cultura ecologica
  • semplificazione nelle procedure di segnalazione delle infrazioni.


3. L’importanza dell’EEA

Oramai è la difesa dell’ambiente il tema che mette d’accordo tutti i partiti politici a prescindere dal colore ideologico, perciò il Parlamento ha sottolineato la necessità di applicare in maniera più rigorosa il diritto ambientale dell'Unione. Ha, in aggiunta, richiesto maggiore sicurezza per gli investimenti che sostengono la politica ambientale e sforzi volti a combattere i cambiamenti climatici, per garantire una migliore integrazione delle stesse nelle altre politiche. 

Conseguentemente l’Unione Europea ha istituito un organismo ad hoc, ovvero l'Agenzia europea dell'ambiente (EEA) che si dedica alla fondazione di una rete di monitoraggio per controllare le condizioni ambientali europee. 

È governata da un tavolo di amministrazione composto: 

  • dai rappresentanti dei governi degli Stati membri;
  • un rappresentante della Commissione;
  • due scienziati designati dal Parlamento europeo

È stata istituita dalla direttiva 1210/1990 della CEE ed nominata dalla direttiva CEE 933/1999. Operativa a partire dal 1994 ha sede a Copenaghen e fornisce informazioni indipendenti sull’ambiente, elabora un’azione indispensabile per la formulazione delle politiche europee, più precisamente essa svolge le seguenti azioni:
  • raccoglie informazioni all’Unione e agli Stati membri; 
  • sostiene lo sviluppo di tecniche di previsione ambientale; 
  • concorre a creare dati ambientali comparabili a livello europeo; 
  • contribuisce al controllo dell’attuazione degli atti normativi in materia ambientale.


4. Un’Europa più sostenibile

I governi nazionali europei hanno fissato obiettivi precisi per orientare la politica in materia ambientale fino al 2020 ed hanno elaborato una visione che si prolunga fino al 2050 con il sostegno di programmi di ricerca, normative e finanziamenti ben specifici: 

  • trasformare l'UE in un'economia a basse emissioni di CO2, efficiente nell'impiego delle risorse e fortemente competitiva; 
  • conservare e migliorare il capitale naturale; 
  • proteggere i cittadini da pressioni e rischi per la salute e il benessere legati all'ambiente.

L'Unione dispone delle competenze per intervenire in tutti gli ambiti della politica ambientale, come ad esempio l'inquinamento dell'aria e dell'acqua ed i cambiamenti climatici. Ma il suo campo d'azione è limitato dal principio di sussidiarietà e dal requisito dell'unanimità in seno al Consiglio per quanto concerne le questioni di natura fiscale, la pianificazione del territorio, la scelta delle fonti di energia, la struttura dell'approvvigionamento energetico, la gestione delle risorse idriche.


5. Le nuove norme europee per l’ambiente

Sulla lotta all’abbandono della plastica nell’ambiente l’UE è intervenuta recentemente emanando la Direttiva 2019/904 del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 giugno 2019 sulla riduzione dell’incidente di determinati prodotti di plastica sull’ambiente. 

Lo scopo primario è quello di promuovere approcci circolari che privilegino prodotti e sistemi sostenibili e non tossici al fine di ridurre la quantità di rifiuti prodotti. Basti pensare che ogni anno in Europa vengono create 26 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica dove meno del 30% è riciclato ed il restante 70 % viene smaltito altrove oppure finisce sulle spiagge, nelle foreste, nei fiumi e nei mari. 

In tal modo otto rifiuti su dieci che finiscono nel mare sono fatti di plastica. Con questa legge gli Stati membri dovranno raccogliere e togliere dalla circolazione circa il 90% delle bottiglie di plastica nei prossimi dieci anni e quelle che saranno rimesse sul mercato dovranno contenere per un quarto materiale riciclato entro il 2025. 

Non solo, numeri alla mano, si attende anche un impatto positivo sull’occupazione, con oltre 500 mila posti di lavoro in più. Di conseguenza l’economia circolare potrebbe far da volano all’economia dell’area euro favorendo, secondo stime del Parlamento Europeo, una crescita del prodotto interno lordo fino al 7% in più entro il 2035. Tra le recentissime priorità della legge di Bilancio 2020 varata dal secondo governo Conte spiccano proprio le misure di carattere ambientale. 

Si punta alla realizzazione di un piano di investimenti pubblici per lo sviluppo Green New Deal italiano mediante l’istituzione di un Fondo con una dotazione complessiva di 4,24 miliardi di euro per gli anni 2020-2023. Parte del finanziamento disponibile sarà destinato ad interventi volti alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.

6. Uno sguardo verde verso il futuro

Il tema del quadro istituzionale per lo sviluppo sostenibile è da intendersi come riferimento al sistema di governance globale per lo sviluppo sostenibile, includendo le istituzioni incaricate di sviluppare, monitorare e attuare le politiche di sviluppo sostenibile sia in ambito industriale, sia garantendo la ricerca sull’ambiente e patrocinando l’agricoltura sostenibile

Pertanto la necessità di innovare gli strumenti di comunicazione e partecipazione coadiuvati con l’implementazione dei moderni strumenti informatici ed elettronici è fondamentale per trovare il modo di plasmare positivamente un’opinione pubblica matura e consapevole di fronte al peso che le politiche europee possono avere sulle politiche nazionali e sulla risoluzione di alcune problematiche ambientali nevralgiche per la tutela e salvaguardia del nostro pianeta nonostante i molteplici e ripetuti errori umani.


7. Fonti normative

Artt. 11,191,192,193 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE).
Direttiva 2003/35/; 2019/904; 1210/1990 CE.

Michele Rabasco

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