La rilevanza penale della street art
L’arte di strada o arte urbana, street art in inglese, fa riferimento a tutte quelle forme d’arte che si manifestano nei luoghi pubblici, spesso illegalmente, ovvero senza un esplicito permesso, utilizzando oggetti come bombolette spray, adesivi artistici, stencil, proiezioni video, per citarne alcuni.
1. La street art
Il paradosso della street art, è che per alcuni è un atto di vandalismo che andrebbe punito penalmente mentre, per altri, è un’espressione artistica meritevole di tutela.
In questo caso, è necessario differenziare la street art dai graffiti.
La sostanziale differenza tra la street art e i graffiti, si riscontra nella tecnica dove non per forza viene utilizzata la vernice spray, mentre il punto di incontro tra le due, risiede nel luogo e, alle volte, nella modalità dell’esecuzione, oltre all’origine mediatica della terminologia originalmente nota come graffitismo o writing.
Detto ciò, l’arte urbana non è da confondere con i graffiti, poiché questi ultimi sono considerati una categoria, o sottocategoria, a sé stante, visualmente e concettualmente differente.
2. Qual è il confine tra deturpamento e valore artistico?
La street art è spesso messa sotto processo poiché presenta un potenziale contrasto tra diversi diritti fondamentali, come il diritto d’espressione e i diritti d’autore appartenenti all’artista e, dall’altra parte, il diritto di proprietà del titolare del supporto utilizzato.
D’altronde, la street art è caratterizzata da opere realizzate dagli artisti su supporto materiale altrui, pubblico o privato che sia, la cui esecuzione non sempre è autorizzata dal proprietario del supporto.
3. Il caso del writer Manuinvisible
Con la sentenza n. 16371/2016 della Cassazione è discusso il ricorso proposto dal procuratore generale di Milano contro l’assoluzione del writer Manuinvisibile.
In un climax giuridico il writer è prima assolto dall’imputazione per non avere commesso il fatto, poi assolto in appello ma per la particolarità tenuità del fatto, per giungere infine in Cassazione dove è invece richiesta una riconsiderazione del fatto.
Qual è dunque questo fatto contestato? L’aver scritto graffiti su un edificio già deturpato.
L’art. 639 c.p. prevede il reato di deturpamento e imbrattamento di cose altrui, secondo cui «chiunque deturpa o imbratta cose mobili o immobili altrui è punito, a querela della persona offesa con la multa fino a 103 euro»; si differenzia dall’art. 635 c.p., secondo cui «chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui con violenza alla persona o con minaccia ovvero in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico o del delitto previsto dall'articolo 331, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni».
Il primo concerne un danno estetico facilmente eliminabile mentre il secondo un danneggiamento permanente.
Già questa qualificazione giuridica potrebbe portare la Cassazione a respingere il ricorso, che comunque avviene.
Più interessante è il motivo dell’assoluzione in primo grado.
Ciò che importa, secondo il tribunale di Milano, non è tanto la particolare esiguità del fatto o la non abitualità del comportamento, ma il valore artistico posto in essere dal soggetto in questione, certificato dallo stesso Comune di Milano che gli ha commissionato svariati lavori di riqualificazione.
Chi si è spesso domandato a cosa possa servire un critico d’arte può ora darsi risposta.