Il reato di minaccia
Per ciò che riguarda il reato di minaccia, la fattispecie criminosa è disciplinata dall'articolo 612 del Codice Penale e coadiuvato, in fase di aggravanti di comminazione della pena, dall'art. 339 c.p.
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1. Cenni introduttivi
Per ciò che riguarda il reato di minaccia, la fattispecie criminosa è disciplinata dall'articolo 612 del Codice Penale e coadiuvato, in fase di aggravanti di comminazione della pena, dall'art. 339 c.p. di cui parleremo dopo.
Per ciò che concerne il reato di minaccia, lo stesso possiede un doppio collegamento sia in capo al presunto colpevole e sia in capo alla presunta vittima.
Come recita infatti il primo comma dell'articolo 612:
''Chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a euro 1.032''.
Come si può infatti osservare, il dettato normativo della norma penale, dipende dalla duplice natura del termine ''minaccia'', che possiede sia implicazioni oggettive e materiali in capo al soggetto autore del gesto criminoso, e sia implicazioni soggettive e psicologiche in capo a colui che si veda subire la minaccia.
Analizzando con criterio giuridico-filologico, la fattispecie criminosa non si perfeziona semplicemente con l'atto della minaccia, bensì la stessa deve consistere in una minaccia di un danno ingiusto. E' solo allora, che entra in gioco la componente psicologica della vittima, che diviene soggetto offeso nel suo diritto all'integrità psichica, che comunque verrebbe ad essere turbata dalla minaccia di un danno ingiusto e non meritato.
Questo significa che la minaccia, per essere considerata lesiva di un diritto o situazione giuridica soggettiva altrui, debba prevedere una situazione non giustificata che leda l'integrità psichica della vittima.
1.1. Minaccia diretta e minaccia indiretta
Sebbene possa risultarne inutile la specificazione, la fattispecie criminosa regolata dal presente articolo, non si perfeziona necessariamente con la minaccia diretta, intendendosi per tale, quella commessa dal reo in presenza del soggetto offeso.
L'azione criminosa può perfezionarsi anche mediante mezzo stampa, radiofonico, televisivo e anche telematico. Per altro può anche verificarsi per soggetto interposto, ovvero mediante il riferimento di una minaccia che il presunto colpevole riferisca ad un terzo, che a sua volta provveda a porne alla conoscenza diretta del soggetto cui la stessa si riferisca. Insomma, per il perfezionamento del reato, è sufficiente una causa scatenante, e cioè la minaccia, e poi un effetto dalla stessa direttamente collegato, indipendentemente dalle modalità di realizzazione.
2. L'aspetto processuale
Per ciò che riguarda l'aspetto processuale, appare evidente come la concretizzazione del reato di minaccia in seno all'apparato giudiziario, secondo il disposto normativo sempre del primo comma dell'articolo 612 c.p. dipende da un'attività in capo alla persona offesa, che debba provvedere autonomamente alla querela in difesa del proprio diritto violato.
La ratio di questa particolare disposizione risulta di facile intuizione, vista appunto la particolare soggettività e applicazione nel privato dei comportamenti che vadano a sostanziare il reato di minaccia.
Per altro la regolamentazione giudiziaria del presente reato secondo l'art. 15, L. 24 novembre 1999, n. 468, e dall'articolo 4, D. Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, è demandata ai lavori del giudice di pace.
3. Le comminazioni di pena
Per quanto riguarda invece l'aspetto relativo alle pene inflitte, è il comma 2 del presente articolo 612, a regolarne gli ambiti e criteri di applicazione:
''Se la minaccia è grave o è fatta in uno dei modi indicati nell'articolo 339, la pena è della reclusione fino a un anno.''
Come si può osservare, la pena prevista è di reclusione fino ad un anno, se ricorrano i presupposti di minaccia grave, ovvero di minaccia di lesione di diritti tutelati giuridicamente in modo forte, come può esserlo il diritto all'incolumità fisica, o alla salute.
Concorre poi un altro presupposto esterno che fa riferimento all'art 339 c.p. che al comma 2 dispone:
''Se la violenza o la minaccia è commessa da più di cinque persone riunite, mediante uso di armi anche soltanto da parte di una di esse, ovvero da più di dieci persone, pur senza uso di armi, la pena è, nei casi preveduti dalla prima parte dell'articolo 336 e dagli articoli 337 e 338, della reclusione da tre a quindici anni, e, nel caso preveduto dal capoverso dell'articolo 336, della reclusione da due a otto anni''.
Questa parte del disposto normativo regola le aggravanti in merito a eventi di minaccia che vengano eseguiti da gruppi di persone, sia con la detenzione di armi (più di cinque soggetti), e sia senza armi (più di dieci soggetti).
Le disposizioni di questo comma si applicano anche al terzo comma, che regola la minaccia anche con possesso e lancio di corpi contundenti o atti ad offendere.
Emmanuel Giuseppe Colucci Bertone
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