Quando si configura il reato di stalking?

La definizione della parola stalking si identifica in quegli atti persecutori e reiterati che sono realizzati dal soggetto persecutore nei confronti della sua vittima.

1. Il reato di stalking

Si tratta di una serie di condotte vessatorie, sotto forma di minaccia, violenza privata, ingiuria, molestia, atti lesivi e continuativi e tali da indurre nella persona che li subisce un disagio psichico e fisico e un ragionevole senso di timore.

Il comportamento del molestatore, che si concretizza con atti persecutori, diventa l’aspetto principale della “relazione forzata” tra vittima e carnefice.

Relazione che finisce per distruggere la vita della persona che subisce le azioni e gli atti del molestatore, tanto è vero che la normalità si trasforma molto spesso in un vero e proprio “incubo”. Ove si condizione l’abituale svolgimento della vita quotidiana della vittima, ingenerando nella stessa un continuo stato di ansia e paura.

Spesso le vittime del reato si stalking sono donne, tale circostanza si evince da numerosi rapporti pubblicati dall’Istat e dalle varie associazioni contro la violenza di genere. Nella maggior parte dei casi i comportamenti assillanti provengono da persone vicine alla vittima: il partner o l’ex partner della vittima. Ma il persecutore potrebbe essere anche un collaboratore, un amico, un conoscente, un vicino di casa o addirittura un fan (nella circostanza di persone famose. Si pensi agli atti persecutori subiti dall’attrice Jodie Foster e dalla tennista Monica Seles, che addirittura venne ferita con una coltellata).

Il copione è sempre lo stesso: lo stalker comincia a perseguitare ossessivamente quello che per lui è l’oggetto del desiderio, insinuandosi con telefonate, sms o altri mezzi nella vita privata della vittima. All’inizio, in genere, si tratta di azioni “soft”, poco invasive, ma man mano che trascorre il tempo il comportamento del molestatore si fa sempre più pressante fino a diventare una vera e propria “escalation persecutoria”.

Si parte cioè da episodi piuttosto innocui fino a giungere a situazioni “al limite” che addirittura possono sfociare in brutali omicidi.

La definizione di atto persecutorio è piuttosto vasta, infatti rientrano nella fattispecie tanti comportamenti persecutori, anche quelli anomali e magari combinati tra loro. Ciò sta a significare che le azioni moleste potrebbero realizzarsi mediante il sorvegliare, il pedinare, l’inseguire, il prendere informazioni, l’introdursi nell’abitazione, l’appostarsi sotto casa o nei pressi del luogo di lavoro della vittima. O ancora mediante diffusione di dichiarazioni diffamatorie o oltraggiose e la minaccia di violenza anche nei confronti di familiari o di persone vicine alla vittima. Si ricomprendono anche le azioni nei confronti degli animali che le siano cari.

Si ricordi che, nonostante “le credenze popolari”, il molestatore non sempre ha precedenti penali o è affetto da disturbi mentali. E non è detto che faccia uso di stupefacenti o abusi di sostanze alcooliche.

Ad ogni modo, qualunque sia l’atto (o gli atti) persecutorio posto in essere dallo stalker, al fine della configurazione della fattispecie criminosa è necessario che l’agente cagioni “un grave disagio psichico nella vittima” ovvero “determini un giustificato timore per la sicurezza personale propria o di una persona vicina” o comunque “pregiudichi in maniera rilevante il modo di vivere della vittima”.

Pertanto, affinchè la condotta sia penalmente rilevante, è necessario che gli atti del molestatore siano destabilizzanti per la serenità e l’equilibrio psicologico della vittima.

Va da se che tale condotta dovrà sempre essere reiterata: non rilevano cioè gli atti in quanto tali, quanto la loro continuità nel tempo.

La condotta reiterata nel tempo aiuta anche a distinguere il reato di stalking da altre fattispecie, come le molestie o le minacce.

2.Il reato di stalking e la procedura

In genere il reato di stalking viene punito tramite la querela della persona offesa. Il termine per la “denuncia dei fatti” è di 6 mesi dall’avvenuta molestia.

Tuttavia vi sono dei casi in cui è possibile procedere d’ufficio, ovvero sarà l’autorità giudiziaria a perseguire il colpevole.

Particolarmente interessante è la situazione in cui il molestatore seriale sia stato “ammonito”. Infatti è previsto che, fino a quando non viene proposta querela per il reato di stalking, la persona offesa ha la facoltà di esporre i fatti e dunque di riferire circa gli atti persecutori all’autorità di pubblica sicurezza.

In particolare si può avanzare richiesta di ammonimento nei confronti dell’autore della condotta al questore. La richiesta avanzata viene trasmessa al questore il quale, assunte dove necessario le informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate sui fatti, ammonisce oralmente lo stalker qualora ritenga l’istanza fondata.

Pertanto il molestatore sarà invitato a tenere una condotta conforme alla legge, si provvede poi a redigere apposito verbale le cui copie verranno rilasciate al molestatore e al richiedente l’ammonimento. 

Per quanto concerne la decorrenza del termine per la proposizione della querela, il termine non scadrà prima di sei mesi dopo l’ultimo della serie di atti che integrano la condotta.
Sono previste le circostanze aggravanti e la pena è aumentata se:

  1. il fatto è commesso dal coniuge anche legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa;
  2. il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici;
  3. il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona disabile;
  4. il fatto è commesso con armi o da persona travisata.

Fonti Normative

- Codice Penale: art. 612 bis; art. 572; art. 612, art. 660

- Legge n. 119/2013

- L. n. 11/2009 convertito in Legge n. 38/2009

- Cassazione Penale, sentenza n. 32404/2010

- Cassazione Penale, sentenza n. 8832/2011

- Cassazione Penale, sentenza n. 25889/2013

- Cassazione Penale, sentenza n. 45648/2013

- Cassazione Penale, sentenza n. 46331/2013

- Cassazione Penale, sentenza n. 17082/2015

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Avvocato Valerio Andalò

Valerio Andalò