Differenza tra corruzione, peculato e concussione
Tra i numerosi reati ricompresi tra i delitti contro la pubblica amministrazione commessi da pubblici ufficiali, la corruzione, il peculato e la concussione sono tra i più significativi. Pur presentando elementi comuni, tali reati non devono tuttavia essere confusi, in quanto sanzionano condotte differenti.
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1. Il reato di Corruzione
La articolata disciplina dei reati di corruzione contenuti nel codice penale è stata ampiamente modificata in occasione della riforma del 2012, con cui si è sostanzialmente superata la tradizionale distinzione tra corruzione propria ed impropria.
La corruzione consiste in un accordo criminoso tra corrotto e corruttore avente ad oggetto un’attività della pubblica amministrazione.
L’attuale art. 318 c.p. punisce infatti con la reclusione da tre a otto anni la corruzione per l’esercizio della funzione, che si configura allorché il pubblico ufficiale (o l’incaricato di pubblico servizio, punito tuttavia meno severamente), per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceva, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità o anche solo ne accetti la promessa.
L’art. 319 c.p. sanziona invece con la reclusione da sei a dieci anni la corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, e consiste nella condotta del pubblico ufficiale (o dell’incaricato di pubblico servizio), che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa.
Le stesse pene, così come previsto dall’art. 321, si applicano anche al privato che dà o promette il denaro o un’altra utilità, essendo anch’egli, al pari del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, soggetto attivo del reato.
Tra i delitti di corruzione rientrano inoltre la corruzione in atti giudiziari, che ricorre qualora i fatti sopraesposti sono commessi per favorire o danneggiare una parte nell’ambito di un procedimento giudiziario, e l’istigazione alla corruzione, che punisce la volontà di corrompere proveniente da una sola parte, attiva o passiva.
2. Il reato di Peculato
Tale delitto può sostanzialmente essere definito come la appropriazione indebita commessa da parte del soggetto che riveste una qualifica pubblica.
Ai sensi dell’art. 314 c.p. è infatti punito con la reclusione da un minimo di 4 anni a un massimo di dieci anni e sei mesi il pubblico ufficiale (o l’incaricato di un pubblico servizio) che si appropria del denaro o della cosa mobile di cui abbia il possesso o comunque la disponibilità per ragioni del suo ufficio o servizio.
Si ha appropriazione quando il soggetto agente si comporta nei confronti del bene come se ne fosse proprietario, compiendo atti incompatibili con il titolo per il quale possiede e operando la cosiddetta interversione del possesso in proprietà.
È tuttavia punito meno severamente (da sei mesi a tre anni) il cosiddetto peculato d’uso, che risulta integrato allorché l’autore della condotta si sia impossessato della cosa per farne soltanto un uso momentaneo e in seguito il bene sia stato immediatamente restituito.
3. Il reato di Concussione
Il delitto di concussione è previsto dall’art. 317 c.p., a mente del quale è punito con la reclusione da sei a dodici anni il pubblico ufficiale (o, anche in questo caso, l’incaricato di pubblico servizio) che abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità.
A seguito della riforma del 2012, la condotta incriminata consiste nella sola costrizione, vale a dire nella minaccia di cagionare un male ingiusto alla persona offesa dal reato.
Infatti, l’induzione, che in precedenza costituiva anch’essa una forma di concussione, è oggi sanzionata dal reato di induzione indebita a dare o promettere un’utilità di cui all’art. 319 quater c.p.; tale fattispecie consiste secondo la giurisprudenza in una attività persuasiva avente minor influenza sulla libertà di autodeterminazione del destinatario, il quale conserva effettivi margini di scelta se resistere alla richiesta di una prestazione non dovuta o se al contrario prestarvi acquiescenza, perseguendo un tornaconto personale; in quest’ultimo caso, il Legislatore ha peraltro ritenuto di sanzionare penalmente anche colui che dà o promette denaro o altra utilità.
Andrea Rosso
Fonti normative
Codice penale: articolo 314, 317, 318, 319, 319quater, 321.
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