Decreto penale di condanna: cos’è
Quando e perché viene emesso un decreto penale di condanna, come può essere opposto e le conseguenze dello stesso
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Un decreto penale di condanna è un procedimento speciale, richiesto dal pubblico ministero ed emesso dal giudice per le indagini preliminari “inaudita altera parte”, cioè senza che siano presenti le parti processuali e senza che, pertanto, si instauri un regolare contraddittorio. Solitamente viene emesso solo per quei reati la cui pena consiste nella sola multa o ammenda, i cui processi intaserebbero i tribunali. Il suo scopo è quindi quello di abbreviare i tempi della giustizia, consentendo - in casi particolari - di saltare integralmente l’intera fase processuale per passare direttamente alla fase della sentenza e della relativa pena. Si caratterizza, infatti, per l’assenza dell’udienza preliminare e del dibattimento, nonché per la possibilità di emettere una condanna sulla sola base degli atti delle indagini preliminari presenti nel fascicolo del pubblico ministero.
Disciplinato dagli articoli 459 e seguenti del codice di procedura penale, tale provvedimento può essere emesso sia quando l’indagato ha commesso un reato perseguibile d’ufficio, sia a seguito di querela validamente proposta dalla persona offesa (salvo che il querelante non si sia esplicitamente opposto a tale atto nella denuncia, fin quando l’ordinamento gli concedeva tale facoltà), e solo quando il p.m. ritenga che si debba comminare esclusivamente una pena pecuniaria, anche in sostituzione della pena detentiva.
È previsto, altresì, che il pubblico ministero debba richiedere tale decreto entro sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale il reato è attribuito è iscritto nel registro delle notizie di reato. La prova della colpevolezza dell’imputato, dovrebbe, quindi risultare evidente agli atti fin da subito.
Nel calcolare la pena, il magistrato deve tenere conto anche delle condizioni familiari ed economiche del condannato, e può far oscillare l’ammontare della pena pecuniaria in sostituzione di quella detentiva tra i 75 ed i 225 euro per giorno di detenzione.
Se il GIP non ritiene sussistenti e corrette le motivazioni del p.m. che richiede il decreto, costui lo rigetta, restituisce gli atti al pubblico ministero e si procede con il giudizio ordinario. Allo stesso modo, si procede con la revoca del decreto e con l’instaurazione di un procedimento ordinario qualora l’imputato si sia reso irreperibile.
Alcuni esempi di reato per cui potrebbe essere emesso sono: le percosse, il possesso ingiustificato di arma da taglio fuori dalla propria abitazione, la guida in stato di ebbrezza, l’usurpazione, per i reati di falso in atto pubblico commessi dal privato cittadino...
1. Cosa deve contenere un decreto penale?
I requisiti del decreto penale di condanna sono stabiliti dal codice di procedura penale, ed esso deve contenere, affinché sia valido:
- le generalità dell'imputato o altre indicazioni personali che siano utili ad identificarlo, nonché, qualora sia necessario, quelle della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria;
- l'enunciazione del fatto, delle circostanze e delle disposizioni di legge violate;
- la concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione è fondata, comprese le ragioni dell'eventuale diminuzione della pena al di sotto del minimo edittale;
- il dispositivo;
- l'avviso che l'imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria possono proporre opposizione entro quindici giorni dalla notificazione del decreto e che l'imputato può chiedere, mediante e contestualmente all’opposizione, il giudizio immediato, il giudizio abbreviato o l'applicazione della pena su richiesta (il c.d. patteggiamento), ovvero la sospensione del procedimento con messa alla prova.
- l'avvertimento, all'imputato e alla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, che, in caso di mancata opposizione, il decreto diviene esecutivo;
- l'avviso che l'imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria hanno la facoltà di nominare un difensore;
- la data e la sottoscrizione del giudice e dell'ausiliario che lo assiste.
2. L’opposizione al decreto penale di condanna
Come abbiamo letto, l’imputato (o il civilmente obbligato) possono proporre opposizione al decreto, entro quindici giorni dalla ricezione dello stesso. Questa facoltà, fino al 2015, era concessa anche al querelante, ma la Corte Costituzionale ha ritenuto che questa possibilità non rispettasse le finalità della legge e quindi ad oggi non può più essere proposta opposizione da parte di quest’ultima.
L’imputato può quindi proporre opposizione (anche a mezzo del suo legale di fiducia) qualora ritenesse opportuno farlo, e nella stessa può chiedere che venga instaurato un processo per giudizio immediato (ossia un normale processo, senza che però si celebri l’udienza preliminare, qualora quest’ultima sia prevista per il reato contestato). In alternativa può richiedere uno dei riti alternativi che l’ordinamento concede: il rito abbreviato (cioè sulla base degli atti di indagine presenti nel fascicolo del p.m.) oppure l’applicazione della pena su richiesta delle parti, più comunemente conosciuta come “patteggiamento”. Inoltre, sempre contestualmente all’opposizione, può essere richiesta la messa alla prova dell’imputato nonché l’oblazione, qualora rientri nei relativi parametri.
Allorché si instauri un giudizio, in qualunque forma, primo onere del giudice sarà quello di revocare il decreto.
L’opposizione dovrà contenere, a pena di inammissibilità, almeno gli estremi del decreto penale di condanna, la data del medesimo e il nome del giudice che lo ha emesso. Nel caso in cui non abbia già provveduto in precedenza, nello stesso atto l'opponente può nominare un difensore di fiducia. L’atto di opposizione non deve necessariamente contenere i motivi di doglianza che spingono l’imputato a scegliere di proporla.
Il giudice potrà rigettare l’opposizione qualora questa venga proposta oltre il termine di quindici giorni o da persona che non sia legittimata a farlo. A tale rigetto, l’imputato potrà proporre ricorso per Cassazione, nel caso ad esempio in cui sia stato legittimamente impedito a depositare nei termini per impedimenti fisici o incapacità, anche temporanea, di intendere e volere.
Se invece il giudice non ravvisa motivi di rigetto, fissa con decreto l'udienza notificandola almeno sessanta liberi prima dell’udienza.
Quando è stato richiesto nell’opposizione il rito abbreviato, il giudice fissa l’udienza dandone avviso almeno cinque giorni prima al pubblico ministero, all'imputato al difensore e alla persona offesa.
Se l'opponente ha chiesto l'applicazione della pena su richiesta delle parti il giudice fissa con decreto un termine entro il quale il pubblico ministero deve esprimere il consenso disponendo che la richiesta e il decreto siano notificati al pubblico ministero a cura dell'opponente.
La mancata opposizione, corrisponde ad un’implicita accettazione della condanna.
3. Cosa accade se solo uno degli imputati propone opposizione?
In caso di concorso ex art. 110 c.p., ossia quando più persone partecipano all’attività criminosa, può succedere che non tutti scelgano di proporre opposizione. Cosa succede in questo caso?
La norma prevede che il decreto, indipendentemente da chi abbia scelto di opporvisi, rimane sospeso per tutti i coimputati, sino a che il giudizio instaurato sia terminato con sentenza definitiva.
Nella circostanza in cui a proporre l’opposizione sia l’imputato o il civilmente obbligato, l’effetto di questa si estende a tutti i coimputati e - qualora l'imputato sia prosciolto perché il fatto non sussiste, non è previsto dalla legge come reato, o è commesso in presenza di una causa di giustificazione - il giudice, con la stessa sentenza di proscioglimento, revoca il decreto di condanna anche nei confronti degli imputati dello stesso reato che non abbiano proposto opposizione.
4. Decreto penale: quali sono i vantaggi per l’imputato?
È innegabile che vedersi condannati senza un processo potrebbe risultare fastidioso, ma il decreto penale concede alcuni vantaggi per l’imputato, che rendono utile la scelta di non opporsi ad esso.
Innanzi tutto, il pubblico ministero, quando richiede un decreto penale di condanna, può fissare una pena che arriva anche a metà del minimo edittale, che il GIP non può contestare o modificare; si pagherebbe quindi una sanzione pecuniaria alquanto diminuita, e non si sconterebbe neanche un giorno di carcere.
Il carattere premiale del decreto di condanna risulta altresì palese dal fatto che esso non comporta la condanna al pagamento delle spese processuali, né l’applicazione di pene accessorie. Per di più, lo stesso non ha efficacia nel giudicato dei processi civili e amministrativi.
Il reato oltretutto si estingue, qualora l’imputato non commetta altri reati della stessa specie nel termine di cinque anni, in caso di delitti, e nel termine di due anni, nel caso di contravvenzioni. Si ricorda che, quando si estingue il reato, si estingue ogni effetto penale e la condanna riportata non potrà essere ostativa ad una successiva sospensione condizionale della pena.
Nel caso si scelga di proseguire invece per le vie ordinarie, l’imputato rischia di subire una condanna più severa di quella contenuta nel decreto, dato che non esiste alcun divieto di “reformatio in peius”, ossia di ottenere una pena maggiore di quella del decreto. Oltre a ciò, nel decreto penale di condanna, le pene detentive vengono convertite in pene pecuniarie, cosa che non avviene sempre durante un processo, si rischia quindi di arrivare a scontare un periodo di detenzione invece della sola ammenda. Come detto precedentemente, tutto ciò è valido tanto per l’imputato quanto per la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria.
Ilaria Bocci
Fonti
Codice di procedura penale, art. 459 e seguenti
Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 23324 del 6 giugno 2016
Corte Costituzionale, sent. 28 gennaio 2015, n. 23
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