Cosa si rischia se si viene scoperti a copiare ad un concorso?
L'interesse dello Stato alla genuinità degli elaborati in un concorso pubblico.
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1. La tutela della pubblica fede.
Attribuire a se stessi un'opera intellettuale altrui durante un concorso pubblico al fine di conseguire immeritatamente determinati titoli (scolastici, accademici, onorifici o abilitativi, etc.) è reato. Lo prevede la legge n. 475/1925 che sanziona tale condotta con la pena della reclusione da tre mesi ad un anno, intendendo tutelare l'interesse alla genuinità degli elaborati presentati da ciascun candidato in occasione di esami o concorsi pubblici (Cass. sent. n. 18826/2011).
Il reato è integrato anche qualora il candidato faccia riferimento a opere intellettuali, tra cui la produzione giurisprudenziale, di cui citi la fonte, ove la rappresentazione del suo contenuto sia non il prodotto di uno sforzo mnemonico e di autonoma elaborazione logica ma il risultato di una materiale riproduzione operata mediante l'utilizzazione di un qualsiasi supporto abusivamente impiegato nel corso della prova (Cass., sez. VI, sent. n. 3268/10). Come nel caso in cui si copi di sana pianta una sentenza di un qualsiasi tribunale o corte.
Le norme della legge n. 475/1925 sono speciali rispetto alle disposizioni del codice penale relative alle ipotesi di falso ideologico (ex art. 495) per induzione attinenti alla formazione dei successivi atti pubblici, posto che i delitti in questione prevedono, come ipotesi aggravata, che l’aspirante consegua l’intento del superamento dell’esame o del concorso. Le stesse esauriscono, pertanto, la risposta sanzionatoria per chi abbia presentato (o procurato) lavori non propri in sede di esame, superando, così, la prova (Cass., sez. V, sent. 2739/2017).
2. La contestazione del concorso nel reato di tentato abuso di ufficio
Di recente la Corte di Cassazione ha confermato la condanna del giudice di primo grado nei confronti di un aspirante legale che aveva tentato di copiare all'esame di abilitazione professionale.
In tale occasione è stato chiarito che concorre nel reato di tentato abuso di ufficio a titolo di “estraneo” chi pone in essere atti idonei, diretti in modo non equivoco, a procurare a sé stessi un ingiusto vantaggio patrimoniale consistente nel superamento dell’esame di abilitazione alla professione di avvocato.
A nulla valendo che la mancata riuscita dell'intento sia imputabile a cause indipendenti dalla propria volontà., dovute al mancato superamento dell'esame (Cass., sez. VI, sent. n. 10567/2018).
3. Il soggetto che “aiuta” il candidato a copiare
Il soggetto che aiuta il candidato a copiare durante un concorso pubblico non è esente da responsabilità penali. Sia nel caso in cui procuri il materiale che in quello in cui rivestendo il ruolo di membro della commissione esaminatrice ometta di adottare i provvedimenti necessari pur avendo scoperto il “furbetto” durante la prova ex artt. 40 e, alternativamente, 110 o 117 c.p.
Se invece il commissario si accorge della copia durante la correzione dell'elaborato e omette la denuncia potrà essere perseguito per abuso di ufficio ex art. 323 c.p.
Se infine il commissario durante la correzione del compito si accorge della copia e per tale motivo proceda a bocciare il candidato disonesto ma ometta volontariamente di denunciare l'accaduto potrebbe rispondere delitto di omessa denuncia di reato da parte di pubblico ufficiale ex art. 361 c.p.
Nel caso in cui si attesti il superamento di esame mai sostenuti, come ad esempio quando il verbale di laurea è formato sulla base di documenti concernenti esami di profitto mai sostenuti, allora il reato configurabile è quello di cui all'art. 495 c.p. (Cass., sez. VI, sent. n. 37240/2014).
Vincenza Luciano
Fonti normative
Codice penale: artt. 323, 361, 495.
Legge 475/1925
Giurisprudenza: Cass., sez. VI, sent. n. 3268/10; Cass. sent. n. 18826/2011; Cass., sez. VI, sent. n. 37240/2014; Cass., sez. V, sent. 2739/2017; Cass., sez. VI, sent. n. 10567/2018).
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